Infrastrutture, l’allarme del presidente di Confindustria Veneto: «A4, la quarta corsia ormai è vitale»
Il presidente di Confindustria Veneto Raffaele Boscaini: «Senza lo sblocco dell’A22 e la Valdastico Nord la competitività è a rischio»

«Sulle infrastrutture non possiamo più attendere». È da qui che Raffaele Boscaini, presidente di Confindustria Veneto, fa partire il suo bilancio di fine 2025 e l’appello alla politica regionale.
Perché senza collegamenti efficienti, reti moderne e tempi certi, avverte, «la competitività del Veneto è destinata a indebolirsi», proprio mentre il resto d’Europa accelera lungo i grandi corridoi logistici e industriali. Le priorità sono chiare: «La quarta corsia dell’A4 è una necessità vitale», così come «il rinnovo della concessione dell’A22, oggi in uno stallo inaccettabile», senza dimenticare «il prolungamento della Valdastico Nord» e «la nuova Romea commerciale».
E lo sguardo va oltre i confini regionali: «Il tunnel del Brennero aprirà tra pochi anni: vogliamo davvero restare fermi mentre l’Europa si muove?».
Il richiamo alle infrastrutture si inserisce in un quadro economico che tiene, ma con segnali evidenti di affaticamento. «Ci avviamo a chiudere il 2025 ed è opportuno tracciare un bilancio sincero della nostra economia regionale, per affrontare con realismo le sfide che ci attendono nel 2026», osserva Boscaini.
I numeri raccontano «un Veneto che resiste ma mostra evidenti segnali di stanchezza». La crescita del Pil «è prevista all’1%, superiore alla media nazionale ma lontana dalle performance cui eravamo abituati».
Ancora più marcato è il divario sul fronte dell’export: «Segna una contrazione dello 0,6% da inizio anno, mentre l’Italia cresce del 3,6%». La manifattura, cuore del sistema produttivo regionale, «cala dello 0,8% nei primi nove mesi».
Per il presidente di Confindustria Veneto non si tratta di oscillazioni congiunturali da sottovalutare. «Il declino non fa rumore, ma quando arriva è difficile da invertire».
Da qui l’urgenza di un cambio di passo politico. Le recenti elezioni regionali, sottolinea, «non sono state una scadenza ordinaria, ma un passaggio politico cruciale verso una nuova fase».
Ora che «la Giunta è stata formata e le caselle istituzionali in Consiglio regionale sono completate», è arrivato il momento delle scelte: «Non è più sufficiente amministrare, è necessario governare con una visione». Quella visione, per Boscaini, deve avere nell’industria il suo asse portante.
«Difendere l’industria significa difendere lavoro, welfare e coesione sociale», ribadisce, richiamando il position paper di Confindustria Veneto, «il Veneto del futuro: una regione che evolve per attrarre, costruito attorno a tre parole chiave: evolvere, attrarre, crescere».
Accanto alle infrastrutture materiali, c’è quindi il tema strategico dell’energia. «Il Veneto importa più della metà del proprio fabbisogno: una dipendenza insostenibile», avverte il presidente di Confindustria Veneto. La transizione energetica è necessaria, ma «deve essere governata: se diventa un costo insostenibile, produce solo delocalizzazioni». Da qui la richiesta alle istituzioni di garantire «energia disponibile, costi sostenibili e tempi certi, condizioni senza le quali le imprese non investono».
Il quadro infrastrutturale si intreccia poi con una delle emergenze più rilevanti per il futuro del Veneto: il capitale umano. Il paradosso è evidente. «Il tasso di disoccupazione è al minimo storico, al 3,1%, ma le aziende faticano a trovare lavoratori». La dinamica demografica è allarmante: «Nel 2045 avremo 79 pensionati ogni 100 lavoratori, contro i 43 di oggi, e la popolazione in età lavorativa diminuirà del 34% tra il 2023 e il 2060».
Attrarre significa quindi rendere il Veneto competitivo nella «guerra globale dei talenti, anche attraverso il rafforzamento deciso degli ITS Academy» e politiche capaci di trattenere lavoratori qualificati.
In questo contesto, le infrastrutture diventano anche sociali e territoriali. Casa, mobilità e servizi «non sono politiche assistenziali: sono fattori di competitività.
Un territorio dove non si trova casa non attrae lavoratori e perde imprese», avverte Boscaini, sottolineando come la tenuta delle aree interne e fragili sia «una questione economica prima ancora che sociale». Serve quindi «un piano regionale per l’abitare legato ai poli produttivi» e interventi mirati contro lo spopolamento.
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