Appello a Orban sul Recovery Fund pensando al terminal all’ex Aquila

Scambio di lettere tra Patuanelli e il governo magiaro sul peso dei fondi Ue per avviare il progetto
Uno scorcio dell’area del Canale navigabile nell’ex zona industriale
Uno scorcio dell’area del Canale navigabile nell’ex zona industriale

TRIESTE Il porto di Trieste diventa strumento di diplomazia internazionale nella partita del Recovery Fund. Nei giorni scorsi l’Ungheria si è messa nuovamente di traverso ai prestiti comunitari, bloccando di fatto l’erogazione dei primi 20 miliardi all’Italia. Solo una settimana prima il governo Orbán ha tuttavia scritto al ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli per annunciare l’apertura a Trieste di un’agenzia per lo sviluppo economico e per sostenere il progetto “Adriagateway”, con cui l’Autorità portuale conta di attingere proprio al Recovery Fund per potenziare le infrastrutture dello scalo e pure il nuovo terminal ungherese nell’area ex Aquila, al quale non farebbe male un’iniezione di aiuti pubblici per la bonifica dei terreni inquinati.

Il 10 novembre scorso il ministro degli Esteri Péter Szijjártó ha inviato a Patuanelli una lettera, ringraziando il governo italiano per aver autorizzato l’operazione a Trieste, non facendo scattare il Golden power. Szijjártó ha spiegatoche sono in fase di definizione i diritti di proprietà sull’area e che si stanno avviando (con parecchio ritardo sul cronoprogramma, ndr) «le negoziazioni con le autorità italiane relativamente all’Accordo di programma», che la società ungherese Adriaport e il ministero dell’Ambiente dovranno sottoscrivere per lla riqualificazione ambientale della zona all’imbocco del canale navigabile. Budapest guarda con sempre più interesse a Trieste e Szijjártó ha sottolineato di considerare «l’investimento in porto come un tentativo di aprire le porte a maggiori opportunità».

Per individuarle, il governo Orbán annuncia di aver aperto in città un ufficio dell’agenzia statale Rete per lo sviluppo economico centroeuropeo (Ced), con «l’obiettivo di stimolare gli investimenti a beneficio dell’area di Trieste e dell’Ungheria». E qui Szijjártó ha aperto il punto sul Recovery Fund, che Budapest ha sempre avversato assieme al resto del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia). Ma il ministro magiaro ha espresso stavolta «il supporto per il progetto “Adriagateway”, presentato dall’Autorità portuale per ottenere i finanziamenti del Recovery Fund. C’è un grande potenziale in questo progetto, che farebbe diventare Trieste porto leader dell’Europa centro-orientale».

Nella risposta, Patuanelli ha colto la palla al balzo per mettere in luce la contraddizione dei sovranisti e ammorbidire la posizione di Budapest, che fa la voce grossa ma poi sostiene sotto banco l’impiego del Recovery, se questo va a suo indiretto vantaggio. Si intravede un po’ di quella diplomazia economica degli anni Sessanta-Settanta, quando i governi Dc si servivano dell’Eni e delle altre grandi società italiane a capitale pubblico per aprire varchi di confronto con i paesi esterni al blocco occidentale. In tempi di Guerra fredda, la cooperazione passava per iniziative concrete con la Jugoslavia non allineata, l’Albania, il Medioriente e l’Africa settentrionale. Come allora, la carta degli affari viene usata per facilitare le relazioni tra Stati e lo scambio Patuanelli-Szijjártó dimostra una volta di più come il porto di Trieste sia ormai al centro di una fitta trama geopolitica. Patuanelli fa leva sulla realizzazione del terminal ungherese per ammorbidire la posizione di Budapest sul Recovery fund per l’Italia.

«La presenza – ha scritto al collega – di un investimento di un governo straniero nel Porto è una situazione eccezionale, resa possibile dall’amicizia che ci unisce e dagli ottimi rapporti commerciali che Italia e Ungheria da sempre coltivano. Questa operazione porterà sempre maggiori vantaggi per tutti gli attori, ora anche con l’auspicio che il Ced ungherese possa fungere da volano per espandere la nostra cooperazione. Le interconnessioni sono propedeutiche all’intensificazione degli scambi (commerciali, di investimenti, ma anche culturali) e ad una maggiore integrazione de facto a livello europeo. Quanto ad Adriagateway, stiamo lavorando per dare a Trieste la giusta collocazione strategica all’interno dell’Ue».

E qui Patuanelli si lascia andare a una piccola ironia andreottiana: «Sono davvero lieto di sapere che posso contare sul suo supporto oltre a quello di altri cugini europei: uniti siamo più forti e abbiamo maggiori opportunità per competere a livello globale». —

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