Le cantine del Nord Est negli Usa per sfidare i dazi. «La qualità è premiata»
Al Vinitaly che si apre domani a Chicago sono attesi oltre 250 espositori e 1.500 operatori. Moretti Polegato: «Il prosecco mantiene un prezzo democratico». Raccaro: «Reggiamo meglio di altri»

I dazi di Trump non sembrano per ora aver avuto un contraccolpo eccessivo sulle cantine di Veneto e Friuli Venezia Giulia, che pensano di poter conservare i loro spazi di mercato negli Stati Uniti. Il Nord Est sarà infatti protagonista della seconda edizione di Vinitaly.Usa, la manifestazione di Veronafiere-Vinitaly, in programma domani e dopodomani a Chicago. Sono attesi più di 250 espositori italiani tra cantine e consorzi, con un fatturato aggregato di circa 7,2 miliardi.
Le regioni maggiormente rappresentate sono il Veneto (oltre 45 tra cantine e consorzi), Friuli-Venezia Giulia (oltre 30 stand) e Sardegna, con enti consortili come Consorzi del Prosecco Doc, di Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, della Valpolicella, Custoza, Chiaretto e Bardolino, Lugana, Garda. Sono attesi oltre 1.500 operatori.
Star della manifestazione sarà il prosecco: una bottiglia su tre che varca l’oceano dall’Italia è creata infatti da uva Glera. Il prosecco ha un indice di penetrazione altissimo in tutte le fasce di età, a partire dai millennials (27%) e dal target femminile (6 bevitori su 10). «Quello che conta, non è quanto vino spedisci negli Stati Uniti, ma quanto vino è venduto dai distributori», spiega Franco Adami, presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, «e su questo punto c’è una certa regolarità nelle vendite. Con i numeri siamo appena sotto a quelli dello scorso anno, ma niente di tragico. Il mercato subirà il vero costo dei dazi dall’inizio del prossimo anno, quando ci saranno i riordini dopo le feste. Il nostro vino è inserito in locali dove c’è più capacità di spesa da parte dei clienti, con i dazi le nostre bottiglie costeranno 4 dollari in più, una cifra sostenibile».
Sembra dunque in grado di affrontare l’effetto dazi il matrimonio tra gli americani e il prosecco, che a 15 anni dalla ridefinizione della piramide produttiva (Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, Asolo Docg e Prosecco Doc, quest’ultimo prodotto tra Veneto e Fvg) ha incrementato il valore a oltre 500 milioni di dollari (dati Osservatorio Uiv-Vinitaly).
«I primi sei mesi sono stati più che positivi, anche se ha influito la forte richiesta degli importatori per paura dei dazi annunciati», spiega Giancarlo Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi, «nel terzo trimestre il mercato tiene, con il doc e rosé, che fanno i maggiori volumi, che crescono del 3,7%. Anche con i dazi il prosecco in generale non va fuori mercato, mantiene un prezzo democratico e la sua posizione. Questo rispecchia anche la nostra azienda: stiamo mantenendo i nostri budget negli Stati Uniti. Tutti insieme dobbiamo difendere il prosecco negli Usa e guardare anche ai mercati asiatici».
« Abbiamo riscontrato da subito richieste di sconto ai listini da parte degli importatori, ma l’attività di vendita è proseguita normalmente», dice Innocente Nardi, titolare con i fratelli della casa vitivinicola La Farra a Farra di Soligo, «noi usciamo nel canale Horeca e i consumatori sono pronti a spendere qualcosa in più per un prodotto di qualità, il vino piace ed è ancora richiesto. Quello che sta preoccupando gli importatori Usa è invece la burocrazia, che è aumentata per il pagamento dei dazi, non erano abituati».
La promozione del vino italiano sul mercato a stelle e strisce nasce dalla collaborazione tra Veronafiere con Ita - Italian Trade Agency, Fiere Italiane e la Camera di Commercio italiana americana del Midwest-Chicago. Timori contenuti sui dazi anche dai produttori del Friuli Venezia Giulia. «Il mercato degli Stati Uniti continua ad essere importante per noi, insieme a quello tedesco», assicura Luca Raccaro, presidente del Consorzio del Collio, realtà da 270 produttori su 1.300 ettari vitati, con un export del 40%, «c’è stata una piccola flessione dopo l’applicazione dei dazi, ma nulla di preoccupante. Siamo distribuiti negli Usa in segmenti di fascia media. Il nostro territorio è piccolo, abbiamo destinato tutte le nostre forze a creare un prodotto di qualità e di nicchia, che sta reggendo meglio di altri. E intanto ci stiamo aprendo anche all'Asia».
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