Sgambaro: «Stangata dai dazi Usa sulla pasta»
Il Dg Claudio Costantini lancia l’allarme dopo l’annuncio dell’amministrazione Trump: «L’impatto sarà devastante»

«La comunicazione delle ultime ore sull’imposizione dei superdazi al 107% alla nostra pasta italiana è un fulmine a ciel sereno». Parola di Claudio Costantini, nuovo direttore generale di Sgambaro, lo storico pastificio trevigiano con sede a Castello di Godego coinvolto, insieme ad altri dieci marchi nazionali, nel nuovo contraccolpo arrivato dall’amministrazione Trump. «Serve chiarezza immediata», aggiunge, «e un intervento di mediazione da parte delle nostre istituzioni».
Il provvedimento statunitense, se confermato, colpirebbe uno dei comparti simbolo del Made in Italy, con un valore export verso gli Usa di circa 700 milioni di euro. Dopo l’innalzamento dei dazi al 15% dello scorso anno, la nuova misura rischia di compromettere la tenuta economica di molte aziende del settore.
«Una stangata di queste dimensioni è insostenibile e quasi inverosimile», continua Costantini, «la pasta è una categoria che lavora con margini già molto bassi: un raddoppio dei dazi avrebbe effetti immediati e drammatici, dal blocco delle vendite oltreoceano all’eccesso di scorte da riversare sul mercato interno ed europeo, con una conseguente pressione sui prezzi».
Secondo il manager, l’impatto sarebbe ancor più difficile da gestire perché il comparto opera in un mercato sostanzialmente maturo e stabile, caratterizzato da consumi costanti ma da scarse possibilità di rapida riconversione commerciale. «È impensabile ripensare in tempi brevi strategie di export o di produzione», sottolinea, «per questo chiediamo l’apertura urgente di un tavolo di lavoro con la Farnesina e con le associazioni di categoria: il settore deve muoversi compatto e far sentire un’unica voce in sede internazionale».
Per Sgambaro, che nel 2024 ha chiuso il bilancio con 24 milioni di euro di fatturato, gli Stati Uniti rappresentano oggi meno del 10% del giro d’affari, ma restano una delle aree strategiche per la crescita futura. «Il nostro piano industriale prevede dal 2026 un forte investimento proprio su quel mercato», spiega Costantini, «avevamo programmato un potenziamento della struttura commerciale e l’ampliamento del portfolio prodotti dedicati all’export Usa. Un cambiamento di questa portata ci costringerebbe a ripensare tutto il business plan». Un appello che sintetizza tutta la preoccupazione di un intero settore.
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