Oro e azioni? No, i rendimenti sicuri arrivano dai vini di pregio
A Conegliano nasce Incellar, startup che propone “portafogli” a base di Dom Perignon, Sassiccaia e Bordeaux. «Investimenti che fruttano in media l’otto per cento all’anno»

Investire nel vino, con un rendimento medio che si aggira attorno all’otto per cento annuo. Nasce a Treviso, si chiama Incellar, è una startup che si occupa proprio di investimenti nei vini pregiati.
L’idea è di Alessandro Pavan, consulente finanziario, co-fondatore e ceo della coneglianese Wealth Route, che ha unito a sé nel progetto altri tre soci. «Abbiamo iniziato a ragionare di investimenti nel vino nel 2018, quando abbiamo aperto Wealth Route – spiega Pavan – cercando di guardare anche a opportunità di investimento diverse, ampliando l’offerta. Un mio caro amico, che oggi è uno dei soci Incellar, Aldo Naddeo, è sommelier: proprio con lui ho iniziato a parlare del progetto».
Il via ufficiale un anno fa, a settembre del 2021. Pavan lo definisce «un mercato di nicchia, quello degli investimenti cosiddetti emozionali come l’arte, gli orologi, le auto d’epoca. Il vino probabilmente è di più facile comprensione: che ci siano vini da dieci o da 500 euro è chiaro è tutti. Questo ora è un settore con ampi margini di crescita: stanno nascendo diverse società, i nostri competitor sono soprattutto inglesi, svizzeri, danesi, e stanno entrando nel mercato italiano. Una concorrenza positiva, c’è tanto spazio, è bene che se ne parli».
Fare da soli, in questo campo, non è affatto semplice. Qui parte l’idea di una società in grado di fare da guida all’investimento. «Risolviamo i tre problemi principali del “self made” – spiega Pavan – perché posso avere l’idea di comprare un Dom Perignon e di venderlo tra cinque anni, ma ci sono tre ordini di problemi, principalmente. Primo, quale vino compro? Non tutti sono da investimento, bisogna conoscere le annate, le qualità. E a che prezzo compro? Chi mi garantisce che sia quello giusto? Duecento euro è troppo, troppo poco? Il nostro sommelier si occupa proprio della costituzione del portafoglio.
Secondo problema, tutt’altro che trascurabile: dove lo tengo, il vino? Vini pregiati hanno bisogno di determinate condizioni di conservazione, che vanno dalla temperatura all’umidità, e possono necessitare di condizioni costanti o variabili. Terzo aspetto: alla fine, a che prezzo posso vendere?».

Incellar è operatore abilitato presso il Liv-ex di Londra, una sorta di Borsa del vino riservata proprio a soggetti abilitati: cantine, grossisti, produttori e intermediari. “Compriamo vino in questa piattaforma, che fa da garante sulla qualità: se un vino entra nel loro magazzino, la qualità è certificata. Mette anche a disposizione un magazzino con le condizioni ideali di conservazione, oltre a un’assicurazione contro furti o eventi esterni, come allagamenti. Conservare un vino così dà anche le garanzie necessarie al prossimo compratore, ne tutela il valore. Quando il cliente ci dà il mandato, vendiamo. E avviene tutto lì dentro, è un magazzino doganale senza accise. I clienti finali di solito sono grossisti che poi rivendono i vini pregiati alla ristorazione».
L’orizzonte temporale dell’investimento in vino va dai tre anni in su. Rendimenti? «Sette/otto per cento netto al cliente, dopo aver pagato la nostra commissione del dieci per cento, mentre se ci si appoggia a case d’asta si arriva a pagare tra il 15 e il 30 per cento – spiega Pavan – occhio a chi propone rendimenti netti del 12/13%, sono cifre non realistiche».
Quali sono i vini da investimento? «Non tutti. Noi prevalentemente lavoriamo con Champagne come Dom Perignon, Taittinger, Cristal, Pol Roger Winston Churchill, Salon; vini toscani come Sassicaia, Masseto, Solaia, Soldera; in Borgogna con Armand Rousseau, Domaine Chezeaux; Bordeaux con Petrus, Chateau Lafite Rothschild, Chateaux Margaux; in California con Opus One, Dominus, Screaming Eagle».
Perché certi vini sì e altri no? «Perché l’investimento dev’essere liquido, che non è un gioco di parole: dev’essere vendibile, avere mercato. In Piemonte ci sono vini straordinari ma nel mondo non c’è una loro richiesta elevata: di Dom Perignon si fanno centinaia di acquisti, di Barolo Gaia meno». Rischioso puntarci? «Sì, noi non lo facciamo. Sarebbe una scelta, quella di puntare su piccole cantine di alta qualità, che se producono vini da cento punti vedono schizzare i valori in alto. Noi preferiamo investire su vini che danno rendimenti praticamente garantiti tra il sei e l’otto per cento l’anno. Qualcosa di indipendente dai mercati finanziari, dalle loro oscillazioni: che ci sia inflazione o guerra, a un vino non interessa: il prezzo cresce sempre perché il vino migliora col tempo e sul mercato ce n’è meno».
Il rendimento è netto: «Non c’è capital gain, non c’è tassazione perché è bene deperibile. Non è speculazione, investire in vino: metto una fetta del mio portafoglio, il dieci-venti per cento, non mi aspetto rendimenti folli ma so che fa la sua strada, nel tempo, senza fastidi”. Idea nata a Conegliano, ma il Prosecco non fa al caso vostro. “Come vino da investimento no, ma abbiamo creato anche una parte “experience” in Incellar che propone tour enogastronomici nelle eccellenze come Prosecco, Valpolicella, Soave, Durello».
Gli altri due soci, oltre a Pavan e Naddeo, sono Caterina Boschetti (direttore marketing) e Massimiliano Zeni (socio finanziario).
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