Oro a 100 euro al grammo, un rally oltre ogni record
«Effetto dell’instabilità», sostengono gli analisti. E la corsa non è ancora finita. «Le banche centrali hanno intensificato gli acquisti spinte dall’incertezza geopolitica»

È l’età dell’oro e dura più o meno da 5 anni.
Il metallo giallo ieri ha sfondato quota 100 euro al grammo, per poi ritracciare lievemente riportandosi a 99,99 euro.
Ma lo scenario cambia di poco. Negli ultimi cinque anni il valore all’oncia (l’oncia troy utilizzata per i preziosi vale 31,10 grammi) è salito di oltre l’88%, e del 46% negli ultimi dodici mesi.
Il metallo giallo sta correndo dal post Covid sospinto nell’ultimo biennio da una miscela di tensioni geopolitiche, rischi commerciali e pressioni politiche sull’indipendenza della Federal Reserve.
Secondo l’analisi del Research Department di Intesa Sanpaolo, le quotazioni riflettono la crescente sfiducia nel dollaro e l’incertezza sull’equilibrio dei mercati globali.
Dopo l’elezione e l’insediamento di Donald Trump, l’oro è passato da una fase laterale a un rally sostenuto dal timore di politiche americane potenzialmente stagflattive e da un biglietto verde più debole del previsto.
A fine 2025, l’euro è atteso a 1,20 sul dollaro, sui massimi dal 2021, mentre l’inflazione diverge tra le due sponde dell’Atlantico: sotto il 2% in Europa, al 3,4% negli Stati Uniti.
Intesa Sanpaolo stima che il prezzo dell’oro aumenti da una media di 3.425 dollari l’oncia nel quarto trimestre 2025 fino a 3.800 dollari in media nel 2027.
«La corsa dell’oro è iniziata con la crisi pandemica ed è stata accelerata dal conflitto in Ucraina», osserva Daniela Corsini di Intesa Sanpaolo.
«Le banche centrali hanno intensificato gli acquisti, spinte dall’incertezza geopolitica e dal desiderio di avere una quota crescente di asset diversi dal dollaro, anche a seguito dell’impatto delle sanzioni. La Cina è stata il principale acquirente: da ottobre 2022 al 2024 ha comprato 10 milioni di once, contro i 50 milioni complessivi nei vent’anni precedenti».
La dinamica è stata rafforzata dagli investitori finanziari «che hanno contribuito in modo decisivo al rally tra la metà del 2024 e la metà del 2025, parliamo sia di istituzionali che di retail» continua Corsini.
«I volumi dell’oro detenuti attraverso gli Etf hanno seguito in passato un andamento collegato alle quotazioni, con una logica di mantenere in portafoglio una quota media del 5-10% degli asset. Questo spiega il calo della domanda di oro nel 2023-2024, nonostante i prezzi in salita. La situazione è però cambiata radicalmente dalla metà del 2024: gli investitori che già detenevano oro hanno smesso di vendere, sono ripartiti gli acquisti».
La “regola” di mantenere una quota fissa del 5-10% del portafoglio sembra dunque superata.
E poi c’è la questione Usa. «Il deficit pubblico americano è in espansione e rischia di generare un eccessivo indebitamento, complicato da un possibile deprezzamento del dollaro. Sul fronte macro, si attende un taglio imminente dei tassi Fed, con un’accelerazione degli acquisti di oro dopo Jackson Hole. Il governatore della Federal Reserve Jerome Powell ha lasciato intendere che il prossimo taglio sarà determinante. Se Fed sarà accomodante, l’oro potrebbe arrivare a 4.000 dollari l’oncia a fine anno; se i tagli saranno più contenuti, si ipotizza una quotazione intorno a 3.600».
Il quadro resta quindi strutturalmente rialzista, aggiunge Corsini.
Sul fronte industriale e commerciale, il settore dell’oro italiano vive invece una fase più complessa.
«L’export italiano di oro è salito del 40% nel 2024, ma nel 2025 abbiamo già registrato un calo del 9% nei primi tre mesi e del 15% nei cinque mesi», nota Claudia Piaserico, presidente di Confindustria Federorafi.
«Dopo un triennio di ottime performance, il settore del prezioso affronta un periodo di incertezze. Il dato negativo del -15% dell’export gennaio-maggio 2025 è in peggioramento rispetto al primo trimestre e non accenna a rallentare, alimentato dalle quotazioni record delle materie prime, dalle tensioni internazionali, dal ridimensionamento dell’anomalia turca e dai dazi Usa».
La mappa dei mercati si sta ridefinendo. «Credo che oramai gli operatori si siano abituati a pensare che l’instabilità sia la normalità», aggiunge Piaserico.
«Se ci viene preclusa una strada, si cercano alternative. Nel 2025 abbiamo registrato un segno positivo sugli Emirati Arabi e sulla Corea del Sud».
Il settore orafo resterà dunque sospeso tra la forza di un metallo che si conferma bene rifugio universale e le difficoltà di un’industria che deve adeguare i listini e cercare nuovi sbocchi. —
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