Oggi Pordenone, domani Venezia: a Nord Est il biotech del futuro
Arsenale Bioyards apre al pubblico il suo primo impianto pilota. Nel 2026 ne seguirà un secondo. Le nuove tecnologie nel giro di tre-quattro anni permetteranno l’arrivo sul mercato di un nuovo, rivoluzionario, protagonista della filiera produttiva

«L’industria farmaceutica produce in questo modo da quarant’anni, noi vogliamo ridurre del 90% i costi per adattare questo tipo di manifattura ad altri settori come l’alimentare e la cosmesi, dove le quantità sono di gran lunga superiori e dove, per essere competitivi, i prezzi devono essere molto più bassi».
Massimo Portincaso parla nel laboratorio di microbiologia che la startup Arsenale Bioyards ha realizzato nello stabilimento di Pordenone della Zero, un’altra azienda d’avanguardia del territorio, che costruisce impianti per l’agricoltura verticale.
Dopo un anno e mezzo di lavoro sottotraccia, è la prima volta che Arsenale apre al pubblico le porte del suo impianto pilota.
L’occasione è un incontro di presentazione del progetto ad alcune tra le più note aziende alimentari del Nord Est, chiamate a toccare con mano le tecnologie che nel giro di tre-quattro anni permetteranno l’arrivo sul mercato di un nuovo, rivoluzionario, protagonista della filiera produttiva.
Portincaso, una carriera nella consulenza in Bcg, co-fondatore e ceo di Arsenale Bioyards, fa il paragone con l’insulina sintetica, che viene prodotta tramite lieviti geneticamente modificati.
«Il principio è lo stesso. Nei nostri bioreattori lavoriamo il codice genetico degli organismi che introduciamo, che sono diverse tipologie di zuccheri, per fare emergere quelle che chiamiamo molecole d’interesse».
Gli esempi sono potenzialmente infiniti, proteine ad alto valore aggiunto, collagene per l’industria alimentare, aromi e così via.
«Le sfide principali sono due. La prima è ridurre i costi. La seconda, però, è quella davvero dirompente. Le faccio l’esempio del collagene. Oggi ne esistono due tipi, a seconda dell’origine, le carcasse animali o il pesce. Quando avremo messo a punto la tecnologia, potremo ottenerne molteplici tipi, modificati a seconda dell’uso che se ne vuole fare».
Arsenale non è giunta per caso a Pordenone.
Portincaso, che risiede a Berlino, ha scelto la città friulana nella convinzione di potervi trovare le competenze industriali necessarie per mettere a punto le tecnologie necessarie a rendere sostenibile la produzione.
La padrona di casa dell’impianto, la Zero di Daniele Modesto, è anche tra gli azionisti della società, finanziata da fondi internazionali di venture capital, ai quali si è aggiunta di recente Cdp Venture Capital.
Portincaso ha selezionato un team di 26 persone, che comprende tecnici di notorietà internazionale e giovani scelti qui.
Alcuni dei primi lavorano dalla California, altri si sono trasferiti a Pordenone dalla Silicon Valley, come Silas Burdick, Head of fermentation.
Portincaso mostra i due bio-fermentatori più grandi, che lavorano a ciclo continuo per elaborare i dati che vengono poi processati con sistemi di intelligenza artificiale, in modo da creare le competenze che serviranno in futuro:
«I bio-fermentatori sono l’esempio perfetto di perché siamo qui a Pordenone. Avremmo potuto comprarli da chi li fornisce all’industria farmaceutica ma sarebbero costati molto di più. Invece li hanno realizzati due aziende che producono autoclavi per il prosecco, entrambe a mezz’ora d’auto da qui».
L’impianto pilota è solo il primo passo di un progetto molto più ampio, evocato dal brand Arsenale.
«La grandezza di Venezia era legata alla capacità di produrre le sue navi su vasta scala. Abbiamo sostituito bio nel termine shipyards, perché vogliamo fare lo stesso», continua Portincaso.
«Il difetto di molti progetti di bioraffinazione che non hanno funzionato era prendere a modello l’industria petrolchimica, dove gli impianti sono enormi. Noi puntiamo invece su una produzione modulare e nel 2027 realizzeremo un secondo laboratorio a Venezia, dove metteremo in batteria i micro bioreattori che studiamo qui, facendo il primo grande salto nella capacità produttiva».
Anche Venezia servirà per generare i dati necessari per l’ulteriore balzo, tra fine 2028 e inizio 2029, con uno stabilimento produttivo in un’area già individuata.
Sarà a quel punto che Arsenale uscirà dalla dimensione della startup e diventerà un’azienda vera e propria. Non si fermerà però nei confini dell’Italia: per il primo impianto all’estero sono già avviati contatti con Singapore, dove «nel settore dell’agrifood non esistono gli eccessi di regolamentazione con i quali l’Europa si sta dando la zappa sui piedi».
Il mercato a livello globale è potenzialmente enorme: la società di consulenza McKinsey ha stimato il valore potenziale delle biotecnologie in un range compreso fra i 690 e i 1.100 miliardi di dollari, da qui al 2040. —
Riproduzione riservata © il Nord Est