Occupati in forte aumento per Lu-ve group nel 2022
E’ in corso l’inserimento di nuovi lavoratori nello storico impianto di Sest-Luve a Limana ed è stata avviata l’assunzione scaglionata, entro metà 2024, dei 150 dipendenti del sito di Mel, mentre alla Refrion di Talmassons sono previsti 40 nuovi inserimenti.

BELLUNO. Il Gruppo LU-VE in Europa è impegnato ad ampliare il personale con piani di assunzione in diversi Paesi. Anche in Italia, anche nel Nordest. E in Polonia e Repubblica Ceca dà lavoro anche a profughe ucraine.
Nel bellunese per la produzione di scambiatori di calore ad aria è in corso l’inserimento di nuovi lavoratori, provenienti anche da altre regioni d’Italia, nello storico impianto di Sest-Luve di Limana. Ed è stata avviata l’assunzione scaglionata entro metà 2024 e relativo iter formativo dei 150 dipendenti del sito di Mel oggetto di riconversione industriale dopo l’acquisizione del ramo d’azienda di Italia Wanbao Acc. Mentre in Friuli si stima che gli investimenti previsti porteranno a 40 nuove assunzioni in Refrion, la società con sede a Talmassons specializzata in scambiatori di calore adiabatici in cui il Gruppo Lu-ve ha recentemente acquisito una quota del 75%.
In generale l’ampliamento della forza lavoro è necessario a supportare il boom del business del Gruppo: nel 2021 giro d’affari di 492 milioni di euro (+22,6% sul 2020, +23,5% a cambi costanti), in particolare con una performance del fatturato prodotti (+23%) più che doppia rispetto alla media degli ultimi cinque anni e una crescita del portafoglio ordini a livelli mai registrati nella storia (180,2 milioni, +134%), ebitda di 60,8 milioni (+35,6%), utile netto di 24,8 milioni (+131,6%). Trend confermato anche nel primo trimestre 2022: +38,3% tendenziale del fatturato a 144,8 milioni di euro, +121% degli ordini a 219,9 milioni di euro (+103,7% a parità di perimetro aziendale).
«Il 2021, il trentacinquesimo anno di attività di LU-VE Group, è stato molto positivo, caratterizzato da una domanda attiva, nonostante un forte aumento dei prezzi dei materiali e le difficoltà di approvvigionamento», ha dichiarato il presidente Iginio Liberali.
Anche il 2022, come il 2021, è un anno molto complesso sul fronte della supply chain, con le ulteriori nuove incertezze geopolitiche ed economiche a causa dell’esplosione del conflitto russo-ucraino.
«Risentiamo anche noi della carenza di componenti elettronici per i motori elettrici, così come dell’aumento dei prezzi di energia, semilavorati e materie prime, che hanno per esempio un particolare impatto sulla componentistica in alluminio», osserva Michele Faggioli, direttore operativo del Gruppo, «ma stiamo gestendo la situazione con i clienti e i fornitori, anche perché ci eravamo già organizzati per tempo con supply chain regionalizzate e stabilimenti con più fonti di approvvigionamento e intercambiabili come tipo di produzione a seconda del variare delle esigenze».
L’Unione Europea, con 373,8 milioni di euro di fatturato nel 2021 (77,4% sul totale), si conferma l’area geografica più importante per il Gruppo. Fortissima la crescita in Italia (+39%
pari a 90,8 milioni), tra i Paesi che hanno registrato i maggiori incrementi assieme a Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Germania, Cina e USA.
Faggioli poi sottolinea che negli stabilimenti di Polonia e Repubblica Ceca, che servono un’ampia parte del mercato europeo, LU-VE ha recentemente assunto una cinquantina di donne ucraine rifugiate dalla guerra. Polonia e Repubblica Ceca hanno un tasso di disoccupazione tra i più bassi d’Europa, e soprattutto in Polonia la componente di lavoratori ucraini in molti settori è piuttosto rilevante. In LU-VE, su un totale di circa 1000 dipendenti nel sito polacco e di quasi 500 in quello ceco, gli ucraini sono 300.
«Sinora - osserva Faggioli - da noi gli uomini ucraini che hanno lasciato volontariamente il lavoro o che sono stati richiamati in patria per motivi bellici sono pochi». Un’esperienza quindi diversa da quella che sta invece avvenendo in altri settori dell’economia polacca, tipo per esempio la logistica dove moltissimi autisti di camion ucraini se ne sono andati per prendere parte alla difesa militare del loro Paese con ricadute molto problematiche sulla reperibilità di figure professionali sostitutive nel mercato del lavoro locale.
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