Modine, il grande caldo spinge nuovamente i lavoratori fuori dallo stabilimento friulano
Nuovo sciopero alla Modine di Pocenia dove i lavoratori hanno incrociato ancora le braccia dopo l’incontro dei delegati Rsu con l’azienda che si è concluso con un niente di fatto. Il sindacato annuncia una nuova mobilitazione in settimana, legata alla questione caldo ma anche all’integrativo aziendale.

POCENIA. Nuovo sciopero alla Modine di Pocenia. La colonnina di mercurio, al rientro dal weekend, si è mantenuta a quota 40 gradi. Troppo per consentire ai lavoratori in forze allo stabilimento nelle ore pomeridiane di svolgere il proprio lavoro che a valle dell’incontro tra delegati Rsu e vertici aziendali, ritenendo insufficienti le proposte avanzate dall’impresa, hanno lasciato la fabbrica.
Come già lo scorso venerdì, a incrociare le braccia sono state circa 200 persone, vale a dire i diretti alla produzione al lavoro nel pomeriggio, un terzo dei lavoratori in forze allo stabilimento di Pocenia, 600 persone in tutto cui si aggiungono le 300 a libro paga del plant Modine di Amaro.

«Le condizioni per continuare a lavorare oggi non c’erano – hanno riferito i dirigenti sindacali di Fim Cisl e Fiom Cgil, Fabiano Venuti e Maurizio Marcon -. I lavoratori come venerdì scorso hanno chiesto di coprire il pomeriggio con alcune ore di sciopero e andati a casa».
Si tratta della seconda volta in pochi giorni che i dipendenti del colosso americano dei sistemi di raffrescamento industriale incrociano le braccia. Impossibile – a sentir loro – restare all’interno dello stabilimento. «Il rischio – rincarano la dose i sindacalisti – è che qualcuno possa avere un colpo di calore». Da qui la decisione di fermarsi, rafforzata dal mancato impegno dell’azienda a mettere subito in campo delle soluzioni tampone per abbassare, almeno di qualche grado, la temperatura.

Un tentativo da parte aziendale di andare incontro ai lavoratori c’è stata, ma le maestranze, riunite in assemblea a valle del tavolo sindacale, l’hanno ritenuta come detto insufficiente. «L’azienda ha proposto di modificare temporaneamente gli orari per evitare di far lavorare le persone durante le ore più calde – hanno fatto sapere ancora Marcon e Venuti -. La prima ipotesi è stata quella di anticipare l’inizio del primo turno alle 4 di mattina e finire alle 14, alle 4.30 fino alle 14.30 per il turno giornaliero, posticipando invece alle 16 l’inizio del secondo turno per finirlo entro mezzanotte. Ipotesi che a valle della mediazione con il sindacato è stata riconfigurata con un inizio per tutti, primo turno e giornalieri, alle 6».
A questo l’azienda ha aggiunto pause libere e garantite per chiunque ne avesse necessità. Un liberi tutti che il sindacato ha invece chiesto di normare, avendo la fabbrica 600 dipendenti, anche per evitare il rischio che qualcuno potesse usare il via libera in modo eccessivo e qualcun altro per nulla. Ma se l’azienda non ha voluto normare le pause, si è invece impegnata a prendere accordi scritti, con i dirigenti sindacali, sugli investimento che promette di fare nel prossimo futuro.
«C’è stata qualche apertura – dicono ancora i sindacalisti – nessuna però dirimente. Nell’immediato il problema resta, devono essere installati sistemi di raffrescamento subito. Altrove l’hanno fatto e ha funzionato. Il problema non viene risolto del tutto, ma contenuto certamente sì. La temperatura si abbassa di diversi gradi».
Lo sciopero di oggi come detto non sarà l’ultimo. Con il via libera dei lavoratori, riuniti in assemblea la scorsa settimana, i sindacalisti si preparano a dar gambe alla mobilitazione, che vede nel tema “caldo” solo uno dei suoi argomenti.
L’altro, che impegna da mesi le parti sociali al tavolo con l’azienda, è quello relativo alla contrattazione di secondo livello. Insomma, all’integrativo. «La trattativa si è definitivamente arenata 10 giorni fa – fanno sapere i due sindacalisti -. Noi abbiamo elencato le nostre richieste, molte delle quali non sono state accolte, in particolare quelle legate all’aspetto economico».
«I lavoratori di Modine in questi ultimi anni, nonostante il grande impegno, gli staordinari comandati e le performance, non hanno percepito l’integrativo e quando l’hanno percepito si è fermato a 100 euro (nel 2019) al massimo 200 (nel 2021) – denunciano Venuti e Marcon – sebbene il tetto fosse fissato a 1400, anche 1.500 euro. Cosa significa? Che l’azienda ci ha raccontato bugie. Ora la misura è colma ed è venuto il momento di porvi rimedio».
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