Legno arredo Triveneto sempre solido, ma in fase di rallentamento

Una ricerca di Adacta Advisory analizza le imprese del Nord Est, la cui proprietà è spesso ancora in mano alle famiglie locali. Il sistema contava l’anno scorso su ben 2.260 società di capitali, in crescita di oltre il 15% rispetto al 2015 e con un fatturato aggregato di circa 13,8 miliardi di euro

Riccardo Sandre

Un settore solido, saldamente in mano di famiglie locali e poco esposto finanziariamente, per lo meno nelle sue punte di diamante. È questo l’identikit del legno arredo del Triveneto, un sistema che contava l’anno scorso su ben 2.260 società di capitali, in crescita di oltre il 15% rispetto al 2015 e con un fatturato aggregato di circa 13,8 miliardi di euro.

Tra queste, solo 35 aziende possono contare su ricavi superiori ai 50 milioni di euro, mentre la media del settore, l’anno scorso, era ferma 6,1 milioni di euro, come nel 2023. Quindi si tratta di un settore che indubbiamente ha campioni importanti e ben strutturati per poter competere sul mercato nazionale ma internazionale.

Allo stesso tempo non sfugge una certa polverizzazione in piccole realtà produttive e quindi la necessità-opportunità di operazioni di fusioni e acquisizioni per creare un tessuto produttivo più solido e in grado di esprimere maggior competitività.

A grattare sotto la superficie qualche elemento di incertezza e molte potenzialità inespresse il settore infatti le nasconde, a partire due aspetti fondamentali: espansione dei fatturati e profittabilità (intesa come rapporto tra l’Ebit e il fatturato).

«Se negli ultimi dieci anni, tra il 2015 e il 2024, il numero delle società di capitali è cresciuto del 15% circa, la performance del fatturato aggregato è esplosa di poco oltre il 60%, dagli 8,6 miliardi di euro ai 13,84 miliardi dell’anno scorso» spiega Paolo Masotti, ceo di Adacta Advisory che ha analizzato il settore e i suoi cinque distretti più significativi, quelli di Treviso, Pordenone, del Trentino Alto Adige, di Udine e di Verona.

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«L’Ebit Margin, l’utile prima degli interessi e delle imposte, è sostanzialmente raddoppiato passando dal 3,7% medio del 2015 al 6,5% del 2024. Niente da eccepire quindi neppure da questo punto di vista. E tuttavia ad osservare le curve della crescita diventa evidente che il vero boom del settore si è registrato negli anni del Covid: nel 2019 il Legno arredo Triveneto valeva circa 10,7 miliardi di euro, con un Ebit Margin medio del 5%; nel 2022, un anno eccellente per tutti i settori, i fatturati aggregati avevano raggiunto la cifra record di 14,8 miliardi di euro con un Ebit Margin del 7,1%. Dal quel 2022 assistiamo tuttavia a un rallentamento e non possiamo escludere che si confermi anche in questo 2025. Un anno caratterizzato fortemente da una politica dei dazi, a partire dagli Usa, piuttosto impattante, tanto più per un settore che nelle sue frange a maggiore valore aggiunto e di più alto prestigio vede negli Usa un mercato significativo».

Un rallentamento da cui non sono esenti neppure i dieci top player di settore, che pure esprimono una forte capacità di stare sul mercato e di coglierne le opportunità sia in termini di vendite che di marginalità. Si tratta di aziende che fatturavano, nel 2024, complessivamente poco più di 3,8 miliardi di euro, cifra che è poco più di un quarto (27,5%) del totale dei ricavi del settore a Nord Est.

 

 

Una cifra sostenuta in maniera significativa da Friul Intagli Industries (fornitore di Ikea) che da sola fatturava oltre 900 milioni di euro. La seconda e la terza, Media Profili di Treviso e la bolzanina Rubner, in quell’anno mettevano a bilancio entrambe circa 417 milioni di euro, meno della metà della sola Friul Intagli.  

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Inoltre in termini di profittabilità, il 2024 non è stato un anno particolarmente brillante per le Top 10 del settore: 3 su 5 di queste presentavano in effetti un Ebit Margin tra il 2% e il 3%. Tra le eccezioni sempre Friul Intagli Industries (12,2%) e poi la trevigiana Veneta Cucine (7,4%), la padovana We.Do (6,9%) e la veneziana Arredo 3 (6,9%).

Anche questo fenomeno si deve in parte significativa a una congiuntura delicata e per la quale non si vedono all’orizzonte inversioni di tendenza, per lo meno in questo 2025. E tuttavia alcuni elementi che caratterizzano il settore possono essere, per il futuro, un’opportunità di evoluzione e rafforzamento anche in termini di marginalità.

«Siamo di fronte ad un settore saldamente in mano di famiglie proprietarie» aggiunge il ceo di Adacta. «Anche tra le Top 10 dell’area solo Marine Interiors, del gruppo Fincantieri, non fa capo ad una famiglia. Aziende che hanno le dimensioni per programmare una crescita non solo organica ma anche per linee esterne e per strutturare la propria governance in una chiave sempre più efficiente, richiamando manager esperti. Sul piano poi della capitalizzazione siamo a livelli molto positivi, forse fin troppo: la media del rapporto Posizione finanziaria netta-Patrimonio netto è 0,18, il rapporto tra indebitamento ed Ebitda è 0,53.

Indicatori molto bassi, con cinque top player su dieci che sono in territorio negativo o a zero: Friul Intagli, Arredo 3, Media Profili, Veneta Cucine, Rubner sono in una condizione finanziariamente estremamente solida. Una condizione ideale per chi volesse procedere a nuove acquisizioni che, se mirate efficacemente, sono spesso un passaggio strategico per garantire nuove economie di scala e, a regime, una crescita dell’efficienza dei processi».

Ma la strada dell’M&A nel Triveneto è poco battuta, per lo meno negli ultimi 4 anni: lo studio di Adacta Advisory infatti registra, tra 2022 e 2025, solo 19 operazioni su un totale di 2.260 imprese. Tra queste solo tre hanno visto come protagonista un fondo di investimento e due hanno per acquirente un’azienda estera. Il resto, di fatto, sono operazioni interne al distretto o comunque relative al mercato nazionale.

«Non si può dire che sia un settore in difficoltà, anzi» conclude Masotti «e tuttavia negli ultimi due o tre anni il settore è un po’ “under performing”. A contribuire c’è senza dubbio un contesto esterno di mercato non positivo ma nel contempo si sta verificando un fenomeno di passaggio generazionale, concentrato in questi anni più che in altri, che impone attenzione, assorbe risorse, rallenta in alcuni casi quei processi di crescita, anche per linee esterne, che invece questo tessuto industriale avrebbe senza dubbio nelle sue corde».

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