Lea Winery e il vino con zero alcol. «Puntiamo a un milione di bottiglie»
La famiglia di imprenditori Spadotto, originaria di Oderzo, ha acquistato una tenuta agricola a San Vito al Tagliamento

Quando ancora se ne parlava poco o nulla, loro avevano già iniziato a cercare e sperimentare. Loro sono gli Spadotto, famiglia originaria di Oderzo che qualche anno fa ha investito in Friuli, acquistando una tenuta agricola a San Vito al Tagliamento, che è diventata Lea Winery, azienda vitivinicola che tra le prime in Italia ha iniziato a produrre vini dealcolati, una delle nuove frontiere del settore enologico.
«Abbiamo lanciato la nostra linea nel 2023, dopo un anno e mezzo di ricerca. In Italia non li faceva quasi nessuno e il mercato interno non era ancora ricettivo», racconta Eleonora Spadotto, alla guida dell’area commerciale dell’azienda di famiglia: «Oggi qualcosa si muove, ma il nostro pubblico principale resta all’estero, mercato che assorbe a oggi il 75% delle vendite: in particolare Est Europa, Nord America e Asia».
Nel 2024 Lea Winery ha prodotto 100.000 bottiglie, di cui 60.000 di vino dealcolato: «Puntiamo al milione entro cinque anni. La capacità ce l’abbiamo – continua Eleonora -, sia in vigna che in cantina. Ci manca solo l’impianto di imbottigliamento, che installeremo una volta superata quota 300.000 bottiglie».
La produzione, iniziata con i classici friulani – dalla Ribolla gialla al Pinot grigio – si è allargata ai dealcolati - quattro spumanti (base Glera e base Chardonnay, bianchi e rosé), tre vini fermi (bianco, rosso e rosato) – cui si aggiungono due low alcohol a 6 gradi.
A fronte di concorrenti che spesso sono prodotti del marketing, Lea Winery rivendica la sua identità agricola. «I grandi player del settore sono trading – dichiara l’imprenditrice -. Noi invece siamo una vera cantina e questo fa la differenza: i vini di base sono i nostri, coltivati nei nostri 105 ettari biologici e lavorati da noi con standard qualitativi molto alti».
Alla guida del progetto c’è la famiglia Spadotto. Lucio, il fondatore, è un imprenditore veneto con alle spalle una lunga esperienza nell’industria di prodotti in plastica. «Entrato da dipendente – ricorda la figlia -, è diventato socio in un gruppo industriale leader a livello mondiale che si occupava di produrre e commercializzare prodotti per l’organizzazione degli spazi nella casa e contenitori per uso medicale. Si è sempre occupato della parte commerciale e marketing».
Innamorato del settore enologico, nel 2016 acquista una tenuta di 80 ettari a San Vito al Tagliamento, dominata da un borgo storico del ’700 in stato di abbandono. Non uno qualunque. Era infatti uno dei tre opifici tessili avviati dall’imprenditore carnico Jacopo Linussio a inizi ‘700. «Un posto bellissimo, ma fortemente compromesso – fa sapere ancora Spadotto -. Siamo partiti con le ristrutturazioni nel 2018 e nel 2020 abbiamo fatto la nostra prima vinificazione». Oggi i vigneti sono arrivati a 105 ettari, tutti biologici.
Laureata in Economia a Milano, Eleonora ha lasciato un lavoro nella finanza a Londra per approdare, nel 2019, in azienda dove lavora anche il fratello Alessandro, lui votato alla produzione. Dopo i primi anni dedicati ai vini tradizionali friulani, la scelta di puntare sul dealcolato.
«C’è un pubblico nuovo, segmentato, in forte crescita – spiega ancora Spadotto -. I giovanissimi bevono meno alcol rispetto al passato, sono attenti alla salute. Il vino dealcolato ha un sesto delle calorie di uno normale, non ha aromi, coloranti, conservanti. È leggermente dolcificato con mosto concentrato rettificato: è zucchero dell’uva, non raffinato».
Ma i destinatari non sono solo i giovani. «Ci sono persone che non bevono per religione, donne in gravidanza, sportivi, chi prende farmaci incompatibili con l’alcol. Anche solo chi è sotto antibiotico e deve rinunciare al vino. In tutti questi casi, l’alternativa c’è».
Oltre alla produzione, la famiglia Spadotto guarda anche all’hospitality. Il borgo settecentesco è in corso di recupero. La cantina sorge nel vecchio filatoio, mentre le barchesse e le residenze degli operai saranno trasformate in strutture ricettive, sale eventi e un punto vendita.
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