La nuova svolta di Geox: dopo sette anni in perdita e oltre 350 negozi chiusi
La sostituzione dell’amministratore delegato scelto nel marzo 2024 per rilanciare i conti mostra che l’azienda trevigiana deve accelerare i piani di riposizionamento dei suoi prodotti

Mercoledì la notizia è arrivata inaspettata. Enrico Mistron ha lasciato la carica di amministratore delegato di Geox, il gruppo trevigiano delle scarpe che respirano, un ruolo che aveva assunto poco più di un anno prima, il primo marzo 2024.
La separazione, dicono in azienda, non è stata traumatica come in genere accade per un lavoro di grande responsabilità abbandonato tanto rapidamente, ma risponderebbe alla necessità di accelerare i tempi del piano di rilancio, che lo stesso Mistron aveva approntato e presentato agli investitori appena quattro mesi fa, il 13 marzo.
Con un po’ di cinismo, si potrebbe osservare che non ha portato troppa fortuna la parola chiave che era stata scelta per il piano, “Renaissance”. Tuttavia, se si fa qualche passo indietro, si vede che il problema è più strutturale.
Anche il penultimo piano industriale, presentato a fine 2021 e relativo al triennio 2022-2024, aveva uno slogan promettente, “Bigger and Better”, ma anche in questo caso l’amministratore delegato che l’aveva scritto, Livio Libralesso, giunto al vertice nel 2020 dopo una lunga carriera in azienda, non aveva avuto il tempo di portarlo a termine, venendo sostituito proprio da Mistron.
Così, nel giro di un anno e mezzo, Geox viene affidata a un terzo manager, Francesco De Giovanni, che si presenta nel quartier generale di Montebelluna con un curriculum ricco di esperienze di ristrutturazione.
La lunga discesa della redditività
I repentini avvicendamenti tra i top manager di Geox sono, in realtà, l’effetto delle difficoltà che l’azienda sta incontrando ormai da tempo. Proprio Libralesso, nel suo piano industriale di fine 2021, aveva inserito una slide che ne mostrava alcune.
Dagli inizi degli anni Duemila fino al 2013, Geox aveva progressivamente espanso la propria rete di negozi, in particolare quelli in gestione diretta, ma nel frattempo la redditività era crollata. Il rapporto tra margine operativo lordo e vendite, dai livelli di prestigio assoluto del periodo 2004-2007, quando viaggiava attorno al 25 per cento, era progressivamente sceso già prima del Covid – nel 2019 - a un risicatissimo 4 per cento. Una delle soluzioni pensate all’epoca, dunque, era una profonda ristrutturazione della rete di vendita, chiudendo quelli meno redditizi e spostandone alcuni in posizioni migliori.
Questi ultimi anni non sono stati certamente facili per chi opera nel settore delle calzature e dell’abbigliamento, soprattutto per chi, come Geox, è particolarmente esposto sul mercato europeo. Tuttavia, le strategie messe in atto a Montebelluna per ritrovare lo smalto di un tempo non si sono dimostrate sufficientemente efficaci.
Dal 2019 i negozi sono scesi da 974 a 616 a livello globale (e da 272 a 173 in Italia) ma, di pari passo, si sono contratte anche le vendite, diminuite da 806 a 664 milioni di euro. A livello di capogruppo, la società deputata a distribuire i dividendi agli azionisti, l’ultimo bilancio con un risultato in utile è stato il 2017 e, nei sette esercizi annuali da allora, le perdite cumulate di Geox hanno raggiunto i 293 milioni di euro.
Fatta eccezione per il 2020 e il 2021, gli anni dei lockdown, nessun esercizio ha visto un rosso particolarmente profondo ma il problema è che anche a livello operativo Geox è stata quasi stabilmente in perdita, se si guarda il dato al netto delle svalutazioni e degli ammortamenti. Considerando in questo caso i dati del gruppo, gli unici anni con un risultato operativo positivo sono stati il 2022 e il 2023, rispettivamente con 4 e 16 milioni, ma poi la situazione è andata peggiorando.
Una delle ragioni di questa fragilità è legata al posizionamento dell’azienda. Fondata dal suo presidente Mario Moretti Polegato sull’innovazione della suola che permette al piede di respirare, Geox si è ritrovata a metà strada tra gli estremi di mercato. Più costosa dei modelli più economici ma lontana, in termini di prezzo, dai marchi più prestigiosi. Meno caratterizzata dal punto di vista della sportività rispetto ai colossi del settore ma, allo stesso tempo, distante dai marchi magari più piccoli ma considerati più iconici. Già con il piano industriale 2022-24 questo posizionamento era stato indicato come un limite da superare, polarizzando di più il marchio, puntando sul tratto tipico dell’innovazione e rendendo più riconoscibile il marchio, grazie anche all’ingaggio di una testimonial conosciuta a livello planetario come l’attrice Penelope Cruz.
Il successo delle scarpe fast-in
I primi risultati di questa strategia si sono visti ad esempio con le Spherica Fast-in, le scarpe chiuse che si calzano come pantofole lanciate nella collezione primavera estate del 2025, che stanno conoscendo un buon successo sia nei negozi propri che nel canale all’ingrosso, ma la strada da percorrere appare ancora lunga, visto che l’obbiettivo è quello di collocarsi un po’ sopra la fascia media di prezzo e vicino ai campioni del lifestyle, come Timberland, Birkenstock, Ugg e altri ancora.
Questo 2025, peraltro, si sta dimostrando un anno nuovamente non facile per il settore, come dimostrano i fatturati in calo di quasi tutti i brand, compresi i colossi dello sportswear e del lusso. I casi si susseguono ormai da mesi. Guardando verso l’alto, al mondo del lusso, ha fatto sensazione nel primo trimestre del 2025 il calo delle vendite di Gucci, un meno 24% che ha trascinato verso il basso le vendite di tutto il gruppo francese Kering (meno 14%). Oppure, restando su marchi con prezzi in linea con quelli di Geox, è di qualche giorno fa l’annuncio dell’inglese Clarks, che nel 2024 ha visto i ricavi scendere del 9,4%, l’esercizio chiudere in perdita e il ceo Jonathan Ram lasciare l’azienda.
Gli impegni con le banche
Forse è qui, nell’emergenza del momento, che va collocata la decisione del consiglio di amministrazione e di Mario Moretti Polegato di puntare sul nuovo amministratore delegato Francesco De Giovanni per accelerare i tempi del rilancio. Nel prospetto dell’aumento di capitale da 60 milioni di euro annunciato a inizio anno, e di cui è già stata portata a termine la prima tranche di 30 milioni, Geox aveva infatti tracciato una strada impegnativa dal punto di vista finanziario. Nel 2025 stimato un fabbisogno finanziario di 64 milioni, che salirà a 100 milioni all’inizio del prossimo anno e raggiungerà i 125 milioni nel 2029.
Detto che la seconda tranche dell’aumento di capitale con i restanti 30 milioni richiesti è attesa a metà ottobre, lo sforzo per reperire le risorse non ricade solo sulle spalle degli azionisti. Alla fine del 2024 era stato infatti raggiunto un accordo con le banche per rimodulare le scadenze e i piani di rimborso dei finanziamenti a medio e lungo termine, allungandole di 24 mesi. Se l’aumento di capitale e l’accordo con le banche hanno dato più respiro per questo e per il prossimo anno, è però evidente che l’andamento del mercato non permette di togliere il piede dall’acceleratore, e richiede forse di intensificare gli sforzi. Di quanto, lo si capirà già mercoledì, quando è prevista la riunione del consiglio di amministrazione che dovrà approvare i conti dei primi sei mesi di quest’anno.
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