Il passaggio generazionale, sfida per la Gdo a Nord Est

Molte aziende non hanno formalizzato organi di governo collegiali o strutture manageriali autonome dalla proprietà. In alcuni casi come Alì o Tosano la transizione al vertice è già stata realizzata con successo

Giorgio Barbieri

Il Nord Est è tra le culle più fertili della Grande distribuzione organizzata. In un contesto economico tradizionalmente votato all’impresa familiare, una generazione di piccoli commercianti ha dato vita a una rete di supermercati capaci di conquistare importanti quote di mercato.

È in questi territori che infatti è nata una costellazione di insegne come Alì, Tosano, Cadoro, Migross, Rossetto, Lando, che affianca i grandi player come Coop, Conad o Esselunga con modelli però più snelli, radicati e sorprendenti per efficienza.

Il big Eurospin

L’unico gruppo nordestino ad aver davvero valicato i confini regionali e a essersi imposto come leader nazionale è però Eurospin. La catena è nata nel 1993 su iniziativa di quattro famiglie di imprenditori già attive nella Gdo, le stesse che ancora oggi la controllano con un 25% ciascuna e che esprimono i rappresentanti in Cda: Daniele Mion della veronese Migross, Marco Pozzi della lombarda Dugan, Alessandro Penasa della cooperativa trentina Dao e Francesco Barbon della trevigiana Veg. Da un’idea semplice – creare un discount 100% italiano – è nato un gigante con oltre 1.300 punti vendita e 20.000 dipendenti con un fatturato nel 2023 di 8,6 miliardi e utili cumulati tra il 2019 e il 2023 per 1,56 miliardi. Eppure la forza del Nord Est della Gdo non sta solo nei numeri di Eurospin, ma nella resilienza di decine di imprese cresciute con disciplina e controllo familiare.

Il nodo della Governance

Molti gruppi hanno infatti ancora al vertice i fondatori, spesso ultrassettantenni. Un modello in cui il fondatore accentra strategia, relazioni e operatività. Questa struttura ha garantito coerenza, velocità e controllo, ma può faticare a evolversi. In alcuni casi, come Alì o Tosano, la transizione è stata realizzata con successo, mentre in altri il futuro resta incerto. Secondo l’Osservatorio sulla “Gdo alimentare italiana e i maggiori operatori stranieri” realizzato dall’Area Studi Mediobanca molte aziende del settore non hanno ancora formalizzato organi di governo collegiali o strutture manageriali autonome dalla proprietà. È questo che può rendere la successione un punto critico: senza una chiara strategia, il passaggio generazionale rischia di creare fratture o stalli. Il tema è dunque in cima all’agenda della Gdo italiana. I dati mostrano che se la transazione è già avvenuta i vertici sono più giovani di cinque anni. Dal 2019 ad oggi l’età media dei board è diminuita di 3,8 anni e la rappresentanza femminile è cresciuta di 3,2 punti percentuali. Nel 2019, i tre quarti delle donne erano presenti nei Cda nel ruolo di consigliere, quota che è calata all’attuale 60,5% a vantaggio di più donne nel ruolo di presidente (dal 7% al 18,4%) e di vicepresidente (dal 5,3% al 9,2%).

Le storie dei fondatori

Come detto, diversi passaggi generazionali sono già avvenuti con successo. È il caso dei Supermercati Tosano: dopo la morte nel 2022 di Anerio Tosano che, partito da una bottega a Cerea (Verona) negli anni ’70, ha costruito una catena tra le più dinamiche della Gdo italiana con oltre 3.500 dipendenti e un fatturato che nel 2023 ha raggiunto 1,4 miliardi e utili di 48,4 milioni. La sua formula? Prezzi bassi e grandi superfici. L’azienda oggi è ancora guidata dalla famiglia, con i figli Andrea e Filippo ai vertici operativi. A Padova, Francesco Canella ha fondato nel 1971 la catena Alì Supermercati. Da venditore ambulante a imprenditore strutturato, Canella ha saputo costruire un gruppo solido, oggi articolato su due brand (Alì e Alìper), affiliato Selex, con oltre 1,4 miliardi di fatturato nel 2023. La guida è passata ai figli Gianni e Marco Canella, affiancati da altri membri della famiglia. I Fratelli Mion, figli del fondatore Alessandro, sono il volto di Migross – che affonda le radici nei supermercati della Valpolicella nei primi anni Settanta– e al tempo stesso uno degli artefici del successo di Eurospin. Migross è oggi presente con oltre 100 punti vendita in Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia. Il gruppo ha sviluppato una forte integrazione logistica, elemento distintivo della sua competitività.

I patriarchi

C’è poi la storia di F.lli Lando, fondata da Artemio Lando, classe 1935, alla guida dell’azienda insieme al figlio Leonardo. Con sede a Cazzago di Pianiga (Padova), ha raggiunto nel 2023 i 718 milioni di euro di fatturato con 1.750 dipendenti. Terzo di dodici fratelli, Artemio Lando ha esordito come ambulante nei mercati di paese, poi con un negozietto e quindi con l’acquisto di un terreno all’uscita del casello autostradale di Dolo-Mirano su cui venne edificato il primo capannone poi trasformato in supermercato al minuto. Era il 1963. Diversa eppure simile la storia di Unicomm. La lunga rincorsa iniziò ufficialmente nel 1969, con la costituzione della società Unicomm (Unione Commerciale) di Cestaro Marcello e Mario e C. e l’attivazione, nei due anni successivi, del centro distributivo di Malo, nel Vicentino, per servire un numero crescente di punti vendita. Nel 2023 Unicomm ha registrato un fatturato di oltre tre miliardi in crescita di oltre il 12%. Ancora oggi è guidata da Mario e Marcello Cestaro, rispettivamente classe 1942 e 1938. Dario Brendolan, classe 1935, è invece alla guida di Finbre, proprietaria di Maxi Dì uno dei principali attori del settore. Fondata nel 1937, attualmente l’azienda veronese dispone di una vasta rete commerciale che comprende oltre 700 punti vendita situati principalmente in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Valle d’Aosta. Alla Gottardo Spa, titolare tra le altre dell’insegna Tigotà, il passaggio generazionale è avvenuto nel 1987 quando Tiziano Gottardo prese in mano le redini dell’azienda.

Un futuro non scritto

Tutti questi imprenditori hanno scelto un modello di crescita lineare, fatta di nuove aperture e sviluppo immobiliare, anziché acquisizioni. Questo ha garantito loro un controllo diretto, bassi livelli di indebitamento, e ottimi margini. Sono aziende che spesso possiedono gli immobili dove operano, investono nel personale, e mantengono un legame diretto con le comunità locali. Nel frattempo però il contesto esterno si fa più competitivo. I discount esteri – Lidl, Aldi, ma anche nuovi formati digitalizzati – avanzano. E le piccole e medie catene familiari possono trovarsi impreparate. Anche i grandi fondi d’investimento guardano con attenzione a queste realtà: immobili di proprietà, flussi di cassa stabili, e valore di marca rendono queste imprese appetibili per operazioni di M&A. Il futuro della Gdo familiare nel Nord Est non è scritto. La forza finora è stata la radice familiare, l’identità locale, la capacità di essere “del territorio”. Ma il rischio è che questa stessa radice impedisca la trasformazione necessaria. Probabilmente la sfida più grande non sarà solo passare il testimone, ma farlo mantenendo lo spirito fondativo, adattando però la struttura alla complessità di un mercato in mutazione. Ma chi ha saputo passare dalla bottega al miliardo, immaginerà anche una nuova stagione di crescita.

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