Il Collio riparte dopo dazi e alluvione: «I vini bianchi tengono sul mercato»
Raccaro: con l’introduzione delle tariffe Usa l’export è calato del 10%, perdita che si può assorbire

Il Collio riparte, nonostante dazi americani e alluvione del 17 novembre che ha rovinato quanto di buono molti viticoltori erano riusciti a costruire, con tanta fatica e lavoro. Eppure, nonostante le difficoltà, il presidente Luca Raccaro chiude il suo primo anno alla guida del Consorzio (è stato eletto a marzo) con un bilancio migliore di quanto si poteva ipotizzare. «È stata una stagione positiva - spiega - , sentiamo questo influsso favorevole che riguarda i bianchi e che perdura. Le vendite si sono mantenute stabili su tutte le fasce di prezzo e sui mercati principali».
Presidente Raccaro, con le tariffe Usa al 15%, in tanti temevano forti scossoni. Invece alla fine sembra che la tempesta sia passata.
«Dopo gli anticipi delle importazioni, fatti prima dell’introduzione dei dazi, c’è stata un po’ di flessione, ma la bolla che pensavamo si creasse non è stata pesante. Il calo dell’export dal Collio agli Usa è stato di un 10%, chi più chi meno in base alle singole produzioni, ma non è una percentuale che incide sulle vendite totali. È ancora una cifra tollerabile, che può essere assorbita diversificando».
Ma i mercati alternativi più promettenti quali sono?
«Lo stock del nostro export, su 7 milioni di bottiglie, è tra il 30 e il 40%. Il Nord Europa tiene bene, mentre la Germania è in stagnazione. La Cina avrebbe grandi potenzialità, ma non è costante, non dà garanzie di continuità di acquisti, bisogna fare un intervento ancora più approfondito di promozione. Anche il Sud Est asiatico potrebbe essere molto interessante, i nostri vini, per le caratteristiche che hanno, si abbiano bene con la cucina di Vietnam, Thailandia, Malesia. Ma è necessario ancora tanto lavoro».
L’Italia, nonostante sia alle prese con i consumi in calo delle famiglie, ha tenuto bene, vero?
«La tendenza a preferire i vini bianchi continua, in questo siamo un po’ avvantaggiati. Il Collio ha da sempre un rapporto preferenziale con le regioni del Nord Est e siamo ben posizionati nelle grandi città come Milano, Roma, Firenze e Napoli, le nostre piazze più rilevanti. Emilia Romagna, Lombardia e Veneto sono le regioni dove si bevono più vini del Collio, oltre naturalmente al Friuli Venezia Giulia».
La vendemmia 2025 è stata positiva: un buon viatico per il 2026. Che anno vi aspettate dal punto di vista commerciale?
«A livello quantitativo è stata un’annata ottima rispetto al 2023 e al 2024 che erano state povere, siamo tornati quasi alla normalità. La qualità, invece, è eccellente nel solco della tradizione di questi territori. Il vino che potrebbe essere sempre più premiato è il Friulano, per le sue caratteristiche. Nel 2026 vediamo ancora incertezze evidenti, ma vogliamo essere fiduciosi. Sicuramente il vantaggio che abbiamo è quello di avere un territorio compatto e piccolo per poter essere gestito in maniera ordinata ed efficace».
L’alluvione di poche settimane fa ha complicato le cose...
«Ci siamo mossi subito per fornire più dati possibile alla Regione riguardo i danni, per avere un quadro complessivo e definitivo. Cedimenti, frane e smottamenti hanno riguardano quasi sempre parti di vigneti, non impianti completi. Alcuni terreni sono stati devastati dall’esondazione dello Judrio, ma è un caso limite. Bisogna comunque aspettare che il terreno sia più asciutto per poter agire e rimettere a posto quanto è stato rovinato. Attendiamo uno stanziamento di fondi regionali, ma intanto provvediamo noi. Due aziende, Borgo del Tiglio e Zorzon, sono le più colpite. Abbiamo attivato e aperto un conto corrente solidale i cui proventi destineremo a chi ha più bisogno».
Cambiamento climatico e ambiente fragile: è stato fatto tutto ciò che si poteva sul Collio?
«Quando cadono 300 millimetri di pioggia in una notte, ovvero un quinto delle precipitazioni annuali, è molto probabile che avvengano disastri. Vogliamo confrontarci con Regione e soci sulle criticità».
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