I sette nipoti Sangoi a scuola da azionisti

Alessandra Sangoi racconta come il gruppo friulano prepara il passaggio alla terza generazione

Riccardo De Toma
Alessandra Sangoi vista da Jatosti
Alessandra Sangoi vista da Jatosti

Sessant’anni di storia, con un Dna in principio commerciale, progressivamente trasformatosi in una vocazione industriale, quella che dagli anni Ottanta caratterizza l’attività della Sangoi. L’impresa è diventata gruppo, ma le chiavi della holding a cui fa capo, la Safin, restano in mano alla famiglia Sangoi. Al timone Paolo e Alessandra, figli di Gino, che diede il via all’attività negli anni Sessanta e nel 1973 fondò la Sangoi assieme alla moglie Lidia Pino. «Papà è morto nel 2007, la mamma, classe 1938, è tuttora presidente del gruppo, pur avendo lasciato da diversi anni ogni incarico operativo», spiega Alessandra, orgogliosa di una storia che prosegue e che ha portato il gruppo di Tarcento a superare, nel 2022, il traguardo dei 100 milioni di fatturato, livello che Sangoi punta a consolidare attraverso una politica sempre più spinta di diversificazione dei prodotti e dei mercati di riferimento.

Ma più di mezzo secolo di storia industriale e familiare non si può condensare in poche parole, soprattutto se quella storia è passata attraverso tappe importanti e anche dolorose, come la scomparsa, a tre soli anni di distanza, tra il 2007 e il 2010, di Gino Sangoi e del suo primogenito Andrea, fratello di Alessandra e di Paolo. Ma andiamo con ordine, ripartendo dalle origini. «Quella avviata dai miei genitori negli anni ’60 – spiega Alessandra – era un’impresa commerciale, che non portava ancora il nome di famiglia. I miei acquistavano acciaio nel Bresciano per rivenderlo ai laminatoi attivi in Friuli. La prima grande svolta si ebbe nel 1973, con la costruzione del magazzino di prodotti lunghi a Feletto Umberto, alle porte di Udine. Fu negli anni ’80, con il trasferimento a Tarcento, che l’attività principale cambiò e che la Sangoi, da magazzino di lunghi, diventò un polo di fornitura di nastri di acciaio prima, successivamente anche di lamiere spianate». La si potrebbe definire una politica dei piccoli passi, una crescita progressiva non solo in termini di fatturato, ma anche di competenze, di professionalità, di specializzazioni. E senza disperdere, man mano che il core business diventava industriale, un know-how commerciale che ha continuato a dare lievito allo sviluppo del gruppo.

All’alba del nuovo millennio gli obiettivi di crescita di Sangoi cominciano anche a guardare fuori dal Friuli Venezia Giulia, alla ricerca di opportunità di espansione. E un’occasione da non perdere si presenta nel 2000, con la prima importante acquisizione: quella della lombarda Sideco, specializzata nel taglio dei coils per la produzione di nastri in acciaio. L’azienda diventa gruppo e i tre figli stanno già affiancando i genitori nella sua conduzione. Ma nel 2007 muore Gino e tre anni dopo una malattia si porta via anche Andrea, il primo dei suoi tre figli. «Siamo rimasti spiazzati – commenta Alessandra – proprio mentre scoppiava la grande crisi e il mondo finiva in recessione». Un triplo choc, ma la famiglia riesce a trovare al suo interno le forze per superarlo e ripartire. Il testimone, infatti, resta in mano ad Alessandra, a Paolo e a Edi Bassi, la vedova di Andrea, che affianca i cognati alla guida del gruppo. E la seconda generazione Sangoi ci mette del suo: «Abbiamo deciso di imprimere un cambiamento puntando sulla diversificazione, aprendo la strada verso nuove produzioni e nuovi settori di riferimento». Da qui la scelta di estendere ulteriormente il perimetro del gruppo, che nel 2014 fa ancora shopping in Lombardia e acquisisce la Sabrest: l’azienda bresciana produce componenti meccaniche di precisione e pali da vigna, schiudendo a Sangoi nuovi orizzonti come la viticoltura, settore dove oggi opera anche un’altra delle controllate del gruppo, la commerciale Sangoi Green.

Pur nella continuità del parallelismo tra storia aziendale e storia familiare, la capacità di cambiare pelle e diversificare è stata fondamentale nel percorso di crescita della Sangoi, nella consapevolezza che una nuova sfida è alle porte: l’ingresso della terza generazione nella stanza dei bottoni. Sangoi la deve affrontare in una fase caratterizzata da una profonda trasformazione dei mercati e delle supply chain della siderurgia mondiale. «Con la terza generazione alle porte – spiega Alessandra Sangoi – il tema delle scelte strategiche e delle prospettive che vogliamo dare al gruppo diventa sempre più ineludibile. La storia di cui siamo espressione ci fa sentire in modo particolarmente forte l’esigenza di garantire la continuità dell’azienda, consapevoli anche della nostra responsabilità nei confronti dei dipendenti (90, di cui 50 in Friuli, ndr) e della comunità. Consapevolezza che stiamo cercando di trasmettere ai miei nipoti: in tre, i figli di Andrea e di Edi, sono già azionisti della società, pur senza avere al momento incarichi operativi, i quattro figli di Paolo sono ancora studenti. Sono in sette e alcuni di loro hanno già lavorato in azienda. Quello che ci interessa, al di là delle scelte di vita e professionali che faranno, è che acquisiscano piena consapevolezza dei doveri che hanno come soci attuali o futuri: il dovere di controllare l’andamento dell’attività e i bilanci, di nominare gli amministratori, di affrontare scelte strategiche come quelle sulla sostenibilità. Su tutto questo li stiamo già coinvolgendo, nell’ambito di un percorso fatto di scelte e di responsabilità condivise. Sono loro gli amministratori del futuro? Saranno loro a scegliere: noi della seconda generazione possiamo solo auspicare la continuità della famiglia Sangoi nell’azionariato dell’azienda. È il nostro desiderio».

In attesa delle scelte della terza generazione, in cabina di comando c’è un volto nuovo ad affiancare i Sangoi. All’inizio dell’anno, infatti, la famiglia ha annunciato l’ingresso di Alessandro Scaglione come amministratore delegato dalla Safin spa, la holding del gruppo. «Alessandro – si legge nel post con cui il gruppo ha annunciato la nomina di Scaglione – è un manager di lungo corso nelle imprese familiari italiane. Esperto di family business, promuove un modello che integra le prospettive di tutti gli stakeholders per massimizzare attraverso le generazioni il valore che l’impresa genera per tutto l’ecosistema nel quale è inserita». La figura giusta per un’impresa che vuole entrare nel futuro senza recidere le radici con il suo passato.

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