Greenway investe sul biometano per l’energia pulita
L’azienda è proiettata verso ricavi superiori ai 10 milioni. Un modello di economia circolare applicata all’agroindustria

Il gruppo Greenway investe sul biometano, rafforzando il percorso di trasformazione degli scarti agricoli in energia pulita. Con un fatturato che nel 2026 supererà i 10 milioni di euro e una crescita media del 20% annuo sin dalla nascita, la realtà friulana guidata da Marco Tam si è imposta come uno dei modelli più innovativi di economia circolare applicata all’agroindustria.
Cinque le divisioni di business che compongono l’universo Greenway: vitivinicolo, lattiero-caseario, produzione di energia elettrica, biometano e servizi collegati alla filiera agricola. Tutto è iniziato 12 anni fa, dalla sinergia delle famiglie Tam e Gardisan. «Due famiglie che, gestendo storicamente aziende agricole, hanno messo insieme le proprie competenze nel settore agrotecnico, per far nascere una nuova realtà imprenditoriale. L’obiettivo condiviso sin dall’inizio è stato quello di “coltivare energia”, dando nuova vita agli scarti dell’agricoltura». A raccontare il progetto imprenditoriale è l’ad Marco Tam, che ha portato in Greenway la sua esperienza ventennale di direttore generale di aziende di macchine per il giardinaggio.
«Siamo partiti con il supporto di un fondo finanziario, che ha partecipato con una quota di minoranza al progetto, e abbiamo poi liquidato il fondo continuando in autonomia». Diverse le direttrici di sviluppo: «Da una parte investiamo per crescere in modo organico, dall’altra stiamo crescendo tramite acquisizioni». Così, con tre impianti di biogas, tra cui San Daniele Bionergia rilevato dal Greenway nel 2017, sarà riconvertito per generare biometano grazie a un investimento da oltre 6 milioni di euro, sostenuti anche da fondi Pnrr, in un percorso di evoluzione naturale rispetto al biogas, perché il biometano consente di raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione».
Tra le novità, anche l’ingresso del gruppo vicentino Fitt di Sandrigo, leader nella realizzazione di soluzioni complete in materiale termoplastico per il passaggio di fluidi, che ha acquisito una partecipazione del 24% in San Daniele Bioenergie, con l’obiettivo di garantirsi un approvvigionamento di energia stabile e rinnovabile, grazie al biometano, ponendo al centro i criteri di sostenibilità.
«Siamo partiti con un’idea molto semplice: l’agricoltura non doveva limitarsi a produrre cibo», sottolinea Tam. I dati confermano la forza del modello: «abbattiamo ogni anno circa 14 mila tonnellate di CO2, abbiamo sostituito oltre 7 mila quintali di concime chimico con il digestato, un fertilizzante autoprodotto per i nostri 950 ettari, di cui 50 a vigneti, e garantisce energia per il fabbisogno di 20 mila persone in Friuli».
L’indotto economico sul territorio si aggira intorno ai 3 milioni di euro, con 12 dipendenti diretti. «Cresciamo in tutti i settori, tra cui quello del vino. Il nostro marchio Filare Italia, con cui produciamo Prosecco e la tipica Ribolla gialla, realizza l’80% del fatturato all’estero e piace molto ai giovani». Tam sottolinea l’approccio innovativo: «Abbiamo creato un modello agroenergetico integrato che mette insieme produzione agricola, vinificazione, latte e zootecnia con la generazione di energia da fonti rinnovabili. Dal campo alla tavola, dal liquame al biometano, mentre il residuo del processo diventa fertilizzante naturale».
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