Gas Jeans: è finita, l’azienda si avvia al fallimento. Dea Capital non vota il concordato
Nel momento in cui verrà dichiarata fallita, il giorno dopo la Gas Jeans invierà le lettere di licenziamento ai suoi 200 dipendenti, verrà venduta a pezzi, la parte immobiliare, il marchio. I dipendenti potranno insinuarsi nel passivo per recuperare il tfr, perché per il momento non verrà loro corrisposto

VICENZA. Pare sia finita. Gas jeans, il marchio di abbigliamento casual di proprietà del Gruppo Grotto, si avvia al fallimento. Da quel che si apprende nonostante il parere favorevole di tre quarti dei creditori, tra cui anche Amco, titolare di 13 milioni di euro del debito dell’azienda, Dea Capital, che detiene la parte maggioritaria (51 per cento pari a 34 milioni) del debito, non si è espressa sulla proposta concordataria. Questo significa, per la legge fallimentare, che il suo voto è considerato negativo.

«Mercoledì era il termine ultimo per esprimersi con il voto, nei prossimi giorni il tribunale fisserà la data per l’istanza di fallimento che salvo novità imprevedibili verrà dichiarato a metà novembre». A spiegarlo è il professor Federico Casa, il legale vicentino che con gli avvocati Fabio Sebastiano e Paolo Dal Soglio aveva presentato la proposta di concordato in continuità per l’azienda della moda di Chiuppano (Vicenza).
In astratto, spiega ancora Casa, Dea Capital potrebbe essere contattata per capire quale potrebbe essere una proposta che la società sarebbe disposta a firmare, «L’immaginazione potrebbe portarci a dire una proposta in cui la famiglia Grotto esce dall’azionariato. Ma questa è più una ipotesi fatta in astratto che una strada concretamente praticabile, perché la Procura dovrebbe accettare di esaminare un altro piano e Dea Capital dovrebbe, sempre in astratto, dirci come dovrebbe essere un piano che lei sarebbe disposta a firmare».

Nel mondo dei se una cosa è invece certa, «Nel momento in cui verrà dichiarata fallita, il giorno dopo la Gas Jeans invierà le lettere di licenziamento ai suoi 200 dipendenti, verrà venduta a pezzi, la parte immobiliare, il marchio. I dipendenti potranno insinuarsi nel passivo per recuperare il tfr, perché per il momento non verrà loro corrisposto» spiega Casa. Tuona con voce stentorea l’amministratore unico Cristiano Eberle: «In questi due anni l’azienda ha meritato di essere salvata. L’atteggiamento di Dea Capital è incomprensibile».

Ci sono elementi fattuali, dice «il piano presentato è un piano che sia il tribunale che il commissario giudiziale hanno condiviso essere preferibile al fallimento, il tribunale delle imprese di Venezia ha apprezzato la gestione di una emergenza, vissuta senza nessun supporto bancario all’interno di una crisi come quella del Covid. Amco, secondo creditore, ha votato a favore. Il Mise si è detto disponibile a supportare l’azienda nel percorso concordatario. Questi sono fatti, non sono opinabili. Io ora devo andare davanti a 200 famiglie e dire loro che verranno licenziati, che quello che hanno fatto non è stato sufficiente. E questo con in cassa 8 milioni di euro e un ebitda positivo. Due più due fa quattro, in questo caso ha fatto tre».
Roberta Paolin
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