Nasce in Friuli il Consorzio riso: «Redditività e forte domanda»
Coltivazione all’asciutto di due varietà in quattro Comuni della provincia di Udine. Ad ottobre il raccolto

Il sogno è quello di ripercorrere l’epopea della soia, coltivazione che fu introdotta in Friuli quasi alla chetichella all’inizio degli anni Ottanta e poi è diventata un colosso da 30, 40 mila ettari, colonizzando vaste porzioni di territorio, nella Bassa pianura e nel Pordenonese.
Il sogno è quello di fare la stessa cosa con il riso, cereale abbandonato in regione da tempo immemore, da prima della guerra mondiale. Ci prova un gruppo di imprenditori agricoli visionari capitanati da Valentino Targato che hanno fondato il Consorzio riso Friuli Venezia Giulia, presentato ufficialmente ieri a Silvella, frazione di San Vito di Fagagna, davanti a quello che è il campo di riso più a nord d’Europa, un terreno verdissimo e con la pianta in maturazione, in attesa del primo raccolto in assoluto, previsto per la fine di settembre, primi di ottobre.
Cinque le aziende dei pionieri e quattro i Comuni interessati: Porpetto nella Bassa friulana, Camino al Tagliamento e Varmo nel Medio Friuli e appunto San Vito di Fagagna, a ridosso delle colline moreniche.
A dare una mano, importante, per sveltire le procedure burocratiche e autorizzative (il Consorzio riso adesso fa parte di un circuito nazionale che può vendere il prodotto certificato alla grande distribuzione e all’estero) ci ha pensato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, che ha toccato le corde giuste al ministero dell’Agricoltura.
E così in tempi brevi, per i canoni italiani, la coltivazione di riso in Friuli è diventata realtà. Una coltivazione con una tecnica speciale, all’asciutta, che non ha appunto bisogno della tipica risaia vercellese o pavese. Poche le spese per far rendere il terreno, finora 12 gli ettari coltivati a riso, poche le concimazioni e i trattamenti. Necessaria un’adeguata irrigazione, ma non più intensiva di quella per il mais.
Due le varietà made in Friuli la Sant’Andrea adatta per i risotti e la Prometeo per le preparazioni del sushi. «La domanda di riso è forte - spiega il presidente del Consorzio Valentino Targato - . In Europa mancano un milione e 800 mila tonnellate di prodotto l’anno, l’Italia è il primo produttore, ma la Spagna è il consumatore più forte. La resa è di circa 60 quintali per ettaro, il prezzo di vendita si attesta a 50, 60 euro al quintale.
Se pensiamo che il mais lo pagano tra i 20 e i 25 euro al quintale, le prospettive per il riso sono ottime, anche dal punto di vista della redditività per le aziende». I coltivatori hanno anche accesso agli aiuti europei della Pac che possono arrivare fino a 500 euro l’anno per ogni ettaro.
«L’obiettivo - conclude il presidente Targato - è quello di arrivare tra qualche anno a 200, 300 ettari coltivati a riso in regione. Così si potrebbe fare massa critica e realizzare un piccolo impianto per la lavorazione, mentre adesso dovremo portare i nostri raccolti in Veneto. Del riso non si butta via niente, gli eventuali scarti diventano mangime per il pollame».
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