Dazi, l’allarme di Villa Sandi: «Prosecco, la bottiglia più cara di 4-5 dollari»

Giancarlo Moretti Polegato, presidente dell’azienda trevigiana: «Se non cambieranno le cose, le vendite caleranno»

Francesco Dal Mas
Giancarlo Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi
Giancarlo Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi

Un incremento dei dazi, negli Usa, primo mercato del Prosecco, fino al 30%? «Improponibile», afferma, perentorio, Giancarlo Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi, azienda simbolo del Prosecco nel mondo.

E lo sarebbe questo aumento se verrà confermato da Trump in agosto, anche se proprio negli Stati Unite le bollicine sono aumentate del 6% nei primi 6 mesi di quest’anno.

Vi aspettavate una tale “sorpresa”? Avevate qualche sentore del contenuto della lettera?

«Non ce l’aspettavamo in questi termini. E quindi tutto il mondo del Prosecco, nelle sue varie denominazioni (Doc, Docg e Asolo, ndr), non può che condividere una grave preoccupazione».

Vi attendevate il 10% o poco di più?

«Sì, esattamente. E sa perché? Perché il 10% non sarebbe stato per noi un disastro. Tanto più in presenza dell’incremento oggi del mercato, specie statunitense. Il Prosecco è forte, è unico e il consumatore avrebbe assorbito il colpo. E, quindi, ormai questa era un po’ la atmosfera che si respirava tra i produttori. Invece col 30% cambia radicalmente lo scenario».

L’Italia quanto vino esporta negli Usa?

«La quota export del Prosecco è più o meno del 20%, rispetto agli 8 miliardi che esportiamo l’anno negli Stati Uniti. Quindi è un mercato determinante, insostituibile a breve. Gli Usa fanno parte dei tre grandi mercati dove il vino italiano fa base: Gran Bretagna e Germania, oltre agli Usa. Ci vorranno anni per trovare uno sbocco alternativo per questi volumi».

Ora cosa potrà accadere?

«Ovviamente no. Abbiamo fiducia e speranza che in queste tre settimane che mancano al primo agosto l’Europa riesca a negoziare. Se vogliamo pensare in positivo, possiamo dire che Trump ha sempre fatto sparate alte per poi portare a casa magari qualcosa in meno».

Chi deve trattare?

«L’Europa, evidentemente. Piuttosto che l’Italia direttamente».

Ma in definitiva il 30% che cosa significherebbe per il consumatore americano?

«Una bottiglia di Prosecco Doc il pubblico americano la paga12-13 dollari. Il 30% sui dazi significherebbe un aumento minimo di 4-5 dollari. Non è un incremento così da poco. È vero, il Prosecco è unico, però magari qualche bottiglia in meno la comprano, per forza. Se non cambiano le cose, un calo di vendite dobbiamo metterlo in conto».

Con il 10%, invece, il calo non si sarebbe verificato?

«Il Prosecco è un prodotto forte. Nei primi 6 mesi, siamo in presenza di un dato confortante: le certificazioni sono aumentate del 6%, più vendite in gran parte di export. E per lo più negli Stati Uniti, quindi eravamo abbastanza tranquilli».

Il consumatore americano che cosa predilige tra le bollicine?

«Il Prosecco Doc e Rosè, di gran lunga».

Ma chi pagherà l’aumento?

«Lo pagherà il consumatore americano. Noi vendiamo, poi c’è l’importatore, l’importatore vende al distributore, vende al retail, al negozio finale. Quindi un 30% è impossibile che venga assorbito dalla filiera. Quindi dove va l’incremento? Va nell’aumento del prezzo vendita, allo scaffale del Prosecco».

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