Fincantieri, finisce l’era di Bono l’ultimo boiardo di Stato che ha risanato il gruppo: «Mandato via per l’età»

Quando Bono è arrivato nel 2002, con la missione di traghettare il gruppo triestino verso la privatizzazione, l’Iri si stava estinguendo verso la liquidazione. Ma sarà lui, l’ultimo grande manager di Stato e highlander dell’industria pubblica, che dopo Finmeccanica riuscirà a portare in Borsa anche Fincantieri

Piercarlo Fiumanò
Katia Bonaventura
Katia Bonaventura

TRIESTE. Per Fincantieri finisce un’epoca. Con Bono esce di scena l’uomo del rilancio industriale e della battaglia di Francia per Stx, dello sbarco in Borsa e della ricostruzione del ponte di Genova, della conquista del mercato Usa e della riconversione industriale. Il top manager di Pizzoni, che lascia Fincantieri dopo vent’anni, è stato a Trieste il manager delle mille sfide a capo di un gruppo divenuto oggi un simbolo dell’impresa pubblica italiana.

Quando Bono è arrivato nel 2002, con la missione di traghettare il gruppo triestino verso la privatizzazione, l’Iri si stava estinguendo verso la liquidazione. Ma sarà lui, l’ultimo grande manager di Stato e highlander dell’industria pubblica, che dopo Finmeccanica riuscirà a portare in Borsa anche Fincantieri.

Di Bono si dice che non si offenda se lo chiamano boiardo di Stato: «I boiardi erano i vecchi servitori dello Zar. Io mi considero un civil servant. Servire lo Stato è il mio mestiere e penso di averlo fatto bene e con onestà». In una conversazione con L’Espresso online Bono non nasconde il suo disappunto: «A 78 anni è venuto il momento della riflessione. Mi hanno comunicato che il governo preferisce la discontinuità. La mia carriera era il problema ma io ne vado fiero».

Poi aggiunge di avere lavorato per dieci governi diversi ma «mi sento e sono un indipendente. Non appartengo a nessuno. Questa è una scelta anagrafica non di politica industriale. Quando sono arrivato l’azienda era in vendita. Oggi ha un ottimo bilancio e ordini per 36 miliardi. Io lascio questa dote e i miei migliori auguri».

L’imprenditore, che è anche presidente degli Industriali del Friuli Venezia Giulia e molto ascoltato nel parterre degli industriali del Nordest, è stato il dominus assoluto di Fincantieri che ha resistito alla grande crisi degli anni Duemila grazie alla capacità di reinventarsi industrialmente stringendo alleanza con gruppi storici delle crociere come la Carnival di Mickey Arison. Molto ascoltato anche oltreoceano dove è stato premiato dalla National Italian American Foundation. In anni più recenti è riuscito a imporre la presenza del gruppo negli Stati Uniti con un mega-ordine per dieci fregate per l’Us Navy e vincendo la concorrenza dei gruppi Usa.

La stagione d’oro di Fincantieri inizia con la stagione delle navi casinò galleggianti, con piscine avveniristiche e discoteche sovrastate da vetrate infinite a picco sull'oceano. Nel 2004 il gruppo annuncia una mega-commessa con gli americani da 6 miliardi che assicura ai cantieri navali del gruppo triestino, da Monfalcone a Sestri a Marghera, un carico di lavoro continuo fino a tutto il 2008.

È il più grosso contratto mai siglato nel settore della cantieristica. Bono ha così governato il rilancio a metà anni Duemila quando la crisi europea della cantieristica aveva già bruciato 50 mila posti in tre anni. Solo in Francia i Chiantiers de l’Atlantique avevano mandato a casa 2.300 persone. Di fronte a una concorrenza sempre più agguerrita (i coreani), Bono ha saputo reagire con un piano di ristrutturazione che ha rimodellato assetto industriale e carico di lavoro nei cantieri: da Monfalcone agli stabilimenti di Genova Sestri, Castellammare e Palermo.

Si rafforza la leadership nei settori del core business (navi da crociera, traghetti, militare) e lo sviluppo in altri settori (mega yacht, sistemi e componenti navali, riparazioni e trasformazioni navali). É il primo passo di una diversificazione produttiva e industriale che arriverà fino a oggi con la grande rimonta nel settore militare. Fincantieri ritorna all’utile.

Lo sbarco a Piazza Affari della prima società cantieristica pubblica italiana, che avverrà nel 2014, garantirà capitali e risorse in attesa che la crisi allenti la presa. Bono, nel teatro di una lussuosa Regal Princess, potrà dire: «Abbiamo salvato l’azienda». Anche Virgin Voyages, la nuova linea da crociera di sir Richard Branson, prende il largo grazie alla tecnologia del gruppo triestino e si guarda anche alla Cina dove Fincantieri agisce come un Marco Polo delle grandi navi.Il gigante navalmeccanico pubblico triestino si conferma una delle poche imprese italiane rimaste competitive sullo scenario mondiale.

Bono inizia a condurre una sua battaglia per avviare «una nuova stagione di relazioni industriali», e prende le redini degli impreditori del Friuli Venezia Giulia. L'ad insiste sulla necessità di aumentare la competitività del Sistema Italia: «Esisterà ancora un'industria automobilistica e navalmeccanica in Italia? Il vero problema è riuscire a salvare l'industria con una presa di coscienza collettiva del sistema Paese», dirà.

Nel 2017 firma l’accordo per acquisire dai coreani la maggioranza di Stx, storico cantiere di Stato francese. Ma dopo cinque proroghe l'intesa firmato dallo Stato francese, da Fincantieri e da Naval Group che prevedeva la cessione del 50% dei cantieri navali di Saint Nazaire (ex Stx France), alla società italiana si estinguerà il 31 gennaio 2021.

Un accordo osteggiato da Parigi e sconfitto definitivamente dalla pandemia. Il gruppo triestino guarda avanti. Sul fronte militare all’orizzonte c’è quel campione europeo della difesa auspicato da Bono dopo la stipula dell’alleanza in Naviris con Naval Group in Francia. E nell’anno della ricostruzione del ponte Morandi, Fincantieri diventa un simbolo di rinascita per Genova. Bono nel messaggio agli azionisti pone Fincantieri al fianco del Sistema Paese: «Siamo a disposizione del governo Draghi per la ripartenza dell’Italia».

Ieri la notizia che deve uscire di scena.

Riproduzione riservata © il Nord Est