Eredità Del Vecchio ancora lite sul lascito al manager Milleri
La famiglia spaccata al proprio interno mentre Delfin affronta il nodo Mediobanca

C’è una vicenda di successione testamentaria che rischia di avere ricadute sul sistema finanziario italiano. Perché non riguarda una famiglia qualunque, bensì gli eredi di quello che fino al decesso era uno degli uomini più ricchi del Paese, Leonardo Del Vecchio. Nonostante sia già stata assegnata la stragrande maggioranza dei 30 miliardi di patrimonio del fondatore di Luxottica, sulla restante parte la tensione è palpabile e ha come epicentro la figura di Francesco Milleri, uomo di fiducia di mr. Luxottica, tanto da essere stato nominato ad del colosso degli occhiali e anche inserito tra i beneficiari dell’eredità.
Per settimane si è vociferato di dissapori, ma ufficialmente non è emerso nulla. In realtà, secondo quanto ricostruito da La Repubblica, le divergenze sono emerse in maniera palese nel corso dell’ultima assemblea di Delfin, la cassaforte di famiglia, che detiene le varie partecipazioni, compreso il 19,8% di Mediobanca, che a sua volta è il primo azionista di Generali. Nonostante i buoni risultati esposti da Milleri e la proposta di un ricco dividendo, tre soci hanno votato contro il bilancio. Si tratta di Luca, Clemente e Paola, figli di Del Vecchio e titolari del 12,5% a testa della holding. E, poiché in materia di dividendi è necessaria una maggioranza di sei-ottavi, si è dovuti ripiegare a un più misero dividendo minimo del 10%, come previsto dallo statuto. In sostanza, anziché gli 80 milioni a testa di dividendi, gli otto soci di Delfin hanno ricevuto solo 8 milioni.
Il secondo aspetto segnalato dal quotidiano riguarda lo “Stato di graduazione” stilato dal figlio Luca a seguito dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario. Questo prevede che siano rimborsati prima i creditori con il legato Francesco Milleri per terzo. Graduatoria contestata dal manager, secondo il quale i legati sono uguali e devono essere pagati in misura proporzionale. Inoltre ritiene di non dover essere lui a pagare le imposte per quanto ricevuto.
All’origine dei dissapori sembra esserci la particolare governance della Delfin, scelta appositamente da Del Vecchio, che prevede l’unanimità per tutto ciò che non sia il bilancio (cinque-ottavi) e la distribuzione dei dividendi (sei-ottavi). Tutto questo mentre manca poco più di un mese all’assemblea di Mediobanca (28 ottobre) in cui Delfin dovrebbe dare battaglia nella scelta del board opponendosi alla lista messa a punto dal cda uscente, all’insegna della continuità.
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