Digitale, energia e tecnici: ecco come sarà la siderurgia del 2050

Un report di Confindustria Udine, ateneo e iNest disegna il quadro del comparto. La produzione di acciaio oggi avviene per il 72% con altoforno, per il 28% con forno elettrico

Maurizio Cescon

Acciaio materiale insostituibile anche in futuro.

Fabbriche con tecnici specializzati che gradualmente prenderanno il posto degli operai.

Massiccia presenza di intelligenza artificiale, robotica per gestire al meglio i processi, l’efficienza e la sicurezza all’interno degli stabilimenti.

Approvvigionamento di fonti energetiche alternative a basso impatto ecologico.

Sono questi alcuni spunti tratti dalle conclusioni del report intitolato “Siderurgia 2050”, realizzato da Confindustria Udine, UniUd e iNest (Interconnected Nord Est Innovation Ecosystem) che sarà presentato nel pomeriggio di venerdì 27 giugno a partire dalle 16.30 nella Torre di Santa Maria a Udine.

Uno studio, quello realizzato per interpretare le trasformazioni industriali e sociali che ci attendono, denso di contenuti, rimandi storici, analisi settoriali nel contesto geopolitico ed economico e utile appunto per disegnare i contorni della siderurgia che conosceremo tra un quarto di secolo.

Un tempo che sembra lontano, ma le cui basi dovranno giocoforza essere gettate adesso.

A partire dalla digitalizzazione delle acciaierie.

«Le tecnologie abilitanti per raggiungere tale obiettivo - si legge nel documento di Confindustria, UdiUd e iNest - sono numerose e diversificate. Comprendono l’intelligenza artificiale, sia quella basata sui dati sia quella basata sui modelli, la robotica, la manifattura additiva, la realtà aumentata e la realtà virtuale, le tecniche di simulazione per l’ottimizzazione dei processi, incluso l’uso dei gemelli digitali, la gestione dei dati sul cloud, i big data e la data analytics, i metodi e gli strumenti per la sicurezza informatica, l’integrazione comunicativa a più livelli e l’uso di Internet per incrementare la comunicazione con l’esterno».

C’è poi la questione, fondamentale, del reperimento della materia prima da trasformare.

«Nel 2023 il 72% della produzione mondiale di acciaio è stata realizzata con il ciclo Bf/Bof, ovvero l’altoforno che utilizza in gran parte minerale di ferro, mentre il restante 28% è stato realizzato attraverso il forno elettrico (Eaf), con utilizzo preponderante di rottame di ferro - si legge ancora - . Le principali materie prime necessarie per la produzione dell’acciaio sono legate alla disponibilità del rottame, minerale di ferro, carbone, rottame di acciaio e calce. Il minerale di ferro è la commodity più prodotta al mondo dopo il petrolio grezzo. Il rottame di ferro è il materiale più riciclato».

Non poteva mancare un focus, naturalmente, sull’energia.

«L’industria siderurgica è altamente energivora - osservano i curatori del report - . Basti pensare che per fondere una tonnellata di acciaio è necessaria un’energia di 350 kWh con forno elettrico, valore che può quasi raddoppiare con i forni a induzione. Da questi dati, correlati con la produzione di acciaio annuale in Italia, che è di alcune decine di milioni di tonnellate, si comprende subito come l’energia richiesta annualmente da tali industrie sia molto elevata. Le fonti energetiche italiane sono fondamentalmente derivanti da combustibili fossili, quali il gas naturale importato da paesi esteri. Tale fonte è oggetto di diverse criticità per le industrie dell’indotto siderurgico sia a causa dei processi geopolitici in corso (guerra Russia/Ucraina, guerra Israele/Palestina), che hanno comportato una serie di rialzi dei prezzi (decuplicati in poco tempo), sia a causa del processo di decarbonizzazione. Attualmente, le linee guida nazionali e comunitarie promuovono l’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e l’utilizzo di idrogeno, se possibile green, per le risorse che utilizzano il gas naturale. Pensando all’acciaieria e al suo fabbisogno energetico, sembra improponibile l’utilizzo di sole fonti rinnovabili. Va dunque evidenziata le necessità di formare delle reti energetiche per la condivisione delle risorse. In particolare, si può ragionare sul possibile utilizzo di energia da fissione nucleare prodotta da impianti di piccole dimensioni».

«Le tematiche approfondite hanno forti sovrapposizioni con quelle di iNest - spiega il professor Angelo Montanari coordinatore del progetto - , dall’energia ai materiali, dall’AI alle attività di formazione e ai rapporti col territorio». —

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