Cimolai, depositata la domanda prenotativa al tribunale di Trieste. Ipotesi concordato o ristrutturazione
L’azienda pordenonese, leader delle grandi opere in acciaio, ha avviato l’iter previsto dal nuovo codice della crisi d’impresa dopo l’esplosione del caso “derivati” che ha fatto precipitare il Gruppo nella crisi finanziaria

Il d-day è arrivato. Il 20 ottobre il gruppo Cimolai, ovvero le due società che fanno capo all’ing. Luigi Cimolai, la Cimolai spa e la Luigi Cimolai Holding, ha ufficialmente depositato la domanda prenotativa al tribunale di Trieste, strumento previsto dal nuovo codice della crisi d’impresa per la protezione dai creditori.
Il pool di professionisti incaricato da Cimolai. di cui fanno parte l’avvocato Bruno Malattia, il commercialista Ippolito Gallovich, lo studio legale Molinari Agostinelli, l’avvocato Luca Zamagni del foro di Rimini e la società di consulenza Ifa Consulting di Verona, ha predisposto la documentazione e l’ha consegnata al tribunale delle imprese di Trieste che risulta essere quello competente – nonostante le due Spa abbiano sede legale a Roma – perché è in Fvg che le aziende hanno l’attività prevalente
Le vie che si intravvedono ora per Cimolai sono il concordato preventivo in bianco in continuità aziendale, o la ristrutturazione del debito.
Per entrambe è necessaria la definizione di un piano industriale e di uno finanziario,
Si sa che la famiglia parteciperà all’operazione di aumento di capitale – si ipotizza vicino ai 150 milioni di euro –, ma la società quasi certamente aprirà il capitale a soci terzi, e l’interesse da parte di gruppi esteri si sarebbe già manifestato.
Sul fronte derivati, che il Cfo di Cimolai avrebbe sottoscritto senza averne l’autorizzazione, sono 21 tra banche e brooker i soggetti coinvolti, per un controvalore di circa 1 miliardo di euro, una cifra molto elevata in considerazione del volume d’affari di Cimolai all’estero (il Gruppo ha realizzato lo scorso anno ricavi per 420 milioni di euro, di cui la metà in Italia, mentre ha in portafoglio oggi commesse per 800 milioni), e quindi rispetto al valore da “proteggere” dal rischio cambio attraverso questo strumento.
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