Boom dello spritz in Usa, Aperol cresce del 50%
Soddisfatto l’amministratore delegato di Campari per i risultati del marchio nato a Padova e che poi si è diffuso in tutto il mondo

La spritz economy ha definitivamente conquistato gli Stati Uniti. A certificarlo sono i numeri dei marchi Aperol, le cui vendite sono cresciute del 50% rispetto ai primi nove mesi del 2019 (dunque pre-Covid), e Campari che è passato dal 20 al 35%. Ad annunciarlo è stato lo stesso ceo di Campari, Bob Kunze-Koncewitz, soddisfatto per i risultati raggiunti dall’aperitivo targato nordest che negli ultimi anni si è imposto come un vero e proprio fenomeno globale.
La storia
La ricetta è ormai un classico: un terzo di vino bianco, un terzo di seltz, un terzo di Aperol o Campari (o per i più raffinati Cynar): non esiste ormai aperitivo al mondo più conosciuto dello spritz. E Padova può vantare il primato: qui nella prima fiera campionaria d’Italia, nel 1919, i fratelli Barbieri presentarono l’Aperol. Un successo nazionale che col tempo è diventato globale. Negli anni ’90 infatti è diventata la bevanda preferita dei tanti universitari che affollano le piazze non solo di Padova, ma di Venezia, Treviso, Udine e Trieste. Poi però è diventato l’aperitivo di tutti, da quelli più cheap fino ai locali più alla moda.
La globalizzazione
Anche la banca d’affari Goldman Sachs aveva certificato la globalizzazione dello spritz, definendolo “un capolavoro di marketing tutto made in Italy” che ha conquistato intere generazioni, dalle piazze all’ombra di palazzo della Ragione fino al Greenwich Village di New York, passando per piazza Duomo a Milano e Soho a Londra.
Riproduzione riservata © il Nord Est