Banzato, presidente di Accaierie Venete: «Boom di costi. Ritarderò la riapertura dei miei stabilimenti»
Il gruppo padovano conta dieci stabilimenti, 1500 dipendenti e un fatturato di 1,5 miliardi di euro. Per sopravvivere chiede: «Il Governo intervenga per calmierare i prezzi»

PADOVA. «Produrre acciaio con questi costi dell’energia diventa improponibile. Se non cambierà qualcosa in fretta molte aziende del settore non apriranno nei tempi stabiliti dopo le festività». A dirlo Alessandro Banzato, presidente di Federacciai e di Acciaierie Venete, gruppo di Padova forte di dieci stabilimenti e cinque società collegate, circa 1500 dipendenti ed un fatturato 2021 che arriverà intorno agli 1,5 miliardi di euro, più del doppio del 2020.
I costi delle materie prime, dell’energia e della logistica sembra non abbiano influito sulla vostra crescita.
«La ripresa, dopo un 2020 piuttosto negativo, è stata imponente. Il settore siderurgico è energivoro per definizione ma noi tendiamo a privilegiare contratti di medio e lungo termine con fornitori e clienti. Un fattore che pure garantendoci maggiore stabilità non ci ha permesso di metterci al riparo dall’aumento dei costi. A gennaio pagavamo una bolletta elettrica di circa 10 milioni di euro al mese, ora sono 40».
Come vedete il 2022, sulla base di questi presupposti?
«Personalmente sono fiducioso: se la domanda rimane solida come è successo nel 2021 l’anno che sta per arrivare potrebbe farci registrare nuovi record di fatturato. Ma questo se i costi dell’energia tornano su livelli accettabili. A partire da ottobre e per tutto novembre e pure a dicembre abbiamo sospeso la produzione nelle fasce orarie in cui il costo dell’energia era più alto, di fatto mettendo in difficoltà tutta l’organizzazione degli stabilimenti. D’altra parte produrre acciaio con quei costi è improponibile e in molti stanno pensando di ritardare la riapertura dopo le vacanze. Noi ad esempio avevamo in programma di ripartire il 3 gennaio ma abbiamo deciso di posticipare al 10».
È una cosa che contano di fare anche altri?
«Certo che sì. Siamo tutti in attesa di un intervento del Governo sia in termini fiscali che attraverso l'uso delle riserve di gas naturale per calmierare un po’ i prezzi. E d’altra parte la situazione è complessa: di mezzo ci sono questioni geopolitiche, la finanziarizzazione del mercato, giganteschi trend globali di mercato e un’Europa che dovrebbe prendere seriamente il suo ruolo a tutela del sistema industriale continentale. Perché non è solo la siderurgia italiana a soffrire, ma tutti i settori del manifatturiero in Italia come in Germania, in Francia e altrove».
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