UniCredit prende tempo sull’Ops per Banco Bpm. Faro Ue sul golden power
L’istituto chiude il trimestre con risultati record: l’utile netto è salito a 2,8 miliardi di euro. L’Ad Orcel: «Sono emerse nuove variabili, abbiamo il diritto di valutare la situazione»

Andrea Orcel prende tempo lasciandosi ancora aperte tutte le orte. Presentando i risultati del primo trimestre dell’anno il numero uno di UniCredit ha infatti spiegato che il gruppo «sta riesaminando» l’offerta pubblica di scambio su Banco Bpm alla luce delle nuove variabili, tra cui l’ingresso di Anima e le condizioni del Golden Power imposte dal governo.
«Non abbiamo ancora preso una decisione», ha affermato Orcel, «partiamo da una situazione in cui abbiamo il diritto di valutare la situazione, di analizzare ciò che sta accadendo».
Un elemento chiave riguarda infatti la presenza di Anima nella distribuzione del risparmio gestito. «Quando si acquista una fabbrica», ha aggiunto Orcel, «e questa distribuisce attraverso altre banche, la propensione delle altre banche a distribuire il prodotto di quella fabbrica di solito diminuisce, non aumenta. E quindi dobbiamo considerare questo aspetto».
Sul piano finanziario l’integrazione con Bpm richiederebbe interventi non trascurabili. Per portare la qualità degli attivi in linea con gli standard di UniCredit, «dobbiamo fare altri 800 milioni di accantonamenti, 550 al netto delle tasse, cioè un altro 6%».
Un altro nodo è rappresentato dal valore di Anima, la cui acquisizione, «a seconda di come la si voglia valutare, ha distrutto un valore tra uno e 1,7 miliardi».
A questo si aggiungono le incertezze legate al Golden Power. Orcel ha annunciato che UniCredit sta per avviare colloqui con i rappresentanti del governo per chiarire le condizioni poste. Nel frattempo la Commissione europea, tramite il portavoce Olof Gill, ha ricordato che «le restrizioni alle libertà fondamentali sono consentite solo se proporzionate e basate su un legittimo interesse pubblico», confermando anche che da Bruxelles sono state chieste informazioni aggiuntive all’Italia attraverso la procedura Eu Pilot.
Orcel ha comunque ribadito che Unicredit non è sotto pressione per chiudere operazioni straordinarie. «La nostra traiettoria stand alone è già ben al di sopra dei concorrenti diretti», ha detto. E ancora: «Pensiamo di avere un progetto ineguagliabile per estrarre valore dalle banche e da ciò che facciamo. Se avremo l’opportunità di farlo con profitto nell’interesse dei nostri azionisti, lo faremo».
L’amministratore delegato ha quindi ricordato di aver visto «una massiccia distruzione di valore da parte di management team che, sotto pressione, effettuano transazioni di cui poi devono riparare i danni per anni. Io non lo farò», ha aggiunto, sottolineando che il Cda è «completamente allineato» alla sua visione.
Nel frattempo, UniCredit ha archiviato il miglior trimestre della sua storia. L’utile netto è salito dell’8,3% a 2,8 miliardi di euro, superando le stime degli analisti. I ricavi sono cresciuti del 2,8% a 6,5 miliardi, trainati soprattutto dalle commissioni in aumento dell’8,2% a 2,3 miliardi, che hanno più che compensato la lieve contrazione del margine di interesse (3,5 miliardi). Ottima anche la performance delle attività di negoziazione, con 641 milioni di proventi (+100% rispetto al trimestre precedente).
Il rapporto costi/ricavi si attesta al 35,4%, tra i migliori del settore. «Il controllo dei costi è rimasto fra i migliori nel settore», ha specificato Orcel, «la qualità degli attivi è solida, il costo del rischio basso e gli overlays invariati». Il Cet1 ratio è salito al 16,1%, ben oltre l’obiettivo del 12,5-13%, con capitale in eccesso tra gli 8,5 e i 10 miliardi.
Un capitolo è dedicato anche al disimpegno ordinato dalla Russia: Unicredit ha praticamente azzerato l’esposizione cross border e ridotto del 60% quella retail, con l’obiettivo di uscire completamente entro il primo semestre 2026, in linea con le direttive della Bce. Chissà se questo basterà al governo Meloni.
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