Banche, Mediolanum esce dal risiko cede l’intera quota in Mediobanca

Il gruppo guidato da Massimo Doris ha annunciato ieri l’avvio della vendita sul mercato del 3,5% di Piazzetta Cuccia

Luigi Dell'Olio

Banca Mediolanum si tira fuori dalla contesa per Mediobanca, con la decisione di cedere l’intera partecipazione (detenuta in parte per conto proprio e in parte attraverso la controllata Mediolanum Vita) nell’istituto di Piazzetta Cuccia, pari al 3,5% del capitale.

L’operazione, che vale circa 600 milioni di euro, si concretizza attraverso una procedura (l’accelerated bookbuilding) riservata a investitori istituzionali.

Si tratta di una decisione storica, considerato che la partecipazione era stata acquisita un quarto di secolo fa per cementare la nascente alleanza nel private banking con Banca Esperia (poi sciolta) e in questo periodo la società dei Doris (che restano nel capitale con lo 0,95% della Finprog, la finanziaria di famiglia) era stata sempre al fianco del board dell’investment bank. Proprio quest’ultimo esce indebolito dalla decisione, dato che il patto di consultazione – che raccoglie i soci storici e che nei giorni scorsi aveva già visto l’addio di Vittoria Assicurazioni e dei Gavio – scende a questo punto a poco più dell’8%.

Intanto cresce l’attesa per l’autorizzazione Consob, ultimo ostacolo per il lancio dell’Offerta pubblica di scambio (Ops) di Mps su Mediobanca. La pronuncia è attesa a giorni e, se sarà positiva, l’offerta potrà ufficialmente partire. La banca guidata da Alberto Nagel ha chiesto all’autorità di Borsa di sollecitare il Monte Paschi a un’operazione trasparenza, indicando gli scenari possibili in base ai diversi livelli di adesione. L’Ops si basa su una proiezione al 2028, ma non fornisce informazioni in merito a cosa succederebbe nel caso in cui le azioni consegnate all’offerente restassero sotto la soglia del 66,7%. Inoltre, in caso di mancato superamento del 50,1%, Mps non potrebbe utilizzare appieno le imposte differite che costituiscono un valore latente importante per la banca toscana. Un limite che si tradurrebbe in dividendi più modesti per i suoi soci.

Che dalla Consob arrivi effettivamente questa richiesta all’indirizzo di Siena è tutt’altro che scontato, dopo che nei giorni scorsi la Bce ha acceso il disco verde sull’operazione senza indicare una soglia minima all’offerta. Lovaglio potrebbe partire da oltre il 40% tra la Delfin degli eredi Del Vecchio, Francesco Gaetano Caltagirone e UniCredit. Con la famiglia Benetton, titolare del 2,2%, ci sono poi le Casse e gli azionisti retail, i cui orientamenti andranno però visti alla prova dei fatti, se si considera che – alla chiusura di ieri - il titolo dell’investment bank valeva il 7,3% in più rispetto al valore offerto dall’istituto senese, che in termini assoluti significano circa 1,2 miliardi.

Se lo scenario trovasse conferma nelle prossime settimane, sarebbe difficile per gli investitori istituzionali spiegare ai sottoscrittori di fondi pensione e casse previdenziali le ragioni dell’adesione e sarebbe difficile anche convincere i piccoli azionisti. A quel punto Mps si troverebbe di fronte a un bivio: rinunciare all’acquisizione o rilanciare sul prezzo. Intanto, nei giorni scorsi Sandro Panizza, espressione della lista Delfin (eredi Del Vecchio), è stato rimosso dalla presidenza del comitato parti correlate di Mediobanca. Al suo posto è stato nominato Vittorio Pignatti Morano, vicepresidente indipendente, che è stato eletto nel comitato portando da quattro a cinque i componenti. Secondo quanto è stato possibile ricostruire, la decisione sarebbe arrivata al termine del processo di autovalutazione sull’efficacia dei lavori fatta dal comitato stesso e dal consiglio di amministrazione. La decisione ha spaccato il cda: due consiglieri di minoranza e il presidente del collegio sindacale (tutti espressi dalla lista Caltagirone) hanno votato contro e valuteranno se coinvolgere la Consob. La decisione conferma le tensioni tra il ceo Nagel e i soci Delfin (19,7%) e Caltagirone (10%).

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