Scalata di Mps a Mediobanca: l’indagine non riguarda il Mef

Il ruolo del ministero non è oggetto di accertamento da parte degli inquirenti. Per Lovaglio l’ipotesi di «concorso esterno»: non agì nell’interesse del Monte

Giorgia Pacino
Il quartier generale del Monte dei Paschi a Siena
Il quartier generale del Monte dei Paschi a Siena

Il focus non è sul Mef, ma sulla dismissione delle quote del Monte dei Paschi di Siena decisa dallo stesso ministero nel novembre 2024.

Una cessione pilotata, secondo gli inquirenti, che ha rappresentato uno dei tasselli della più ampia «strategia coordinata» per arrivare al controllo di Mediobanca, attraverso Mps, e a cascata anche di Generali.

E che, però, non essendo una gara pubblica, non configura un’ipotesi di reato rispetto alla «violazione dell'obbligo di trasparenza».

Nell’inchiesta sulla scalata di Mps su Mediobanca - che vede indagati l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri, presidente della holding Delfin della famiglia Del Vecchio, in concorso con l’amministratore delegato di Mps, Luigi Lovaglio, per le ipotesi di aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza Consob, Banca centrale europea e Ivass sul concerto non dichiarato al mercato - il ruolo del ministero dell’Economia «non è centrale».

A riferirlo ieri all’Ansa ambienti giudiziari milanesi, secondo i quali nell’indagine la posizione del Mef «non è oggetto di accertamento», anche perché, non essendo persona fisica, «non può commettere reati».

Avrebbe sì dato un «sostegno» all'operazione, come risulta dalle 35 pagine del decreto di perquisizione firmato dai pm, ma – è la precisazione – «il governo non scala» le banche.

Il ruolo del dicastero guidato da Giancarlo Giorgetti è, però, secondo gli inquirenti «significativo» in uno dei cinque punti del presunto concerto occulto contestato nell'inchiesta.

Si tratta appunto della procedura adottata per il collocamento accelerato (il cosiddetto Abb) del 15% di Mps, pacchetto acquisito da Delfin, dal gruppo Caltagirone, da Banco Bpm e da Anima, per il tramite di Banca Akros come bookrunner.

Procedura nella quale non sarebbe stata «seguita alla lettera la norma», prevista da un Dpcm, come avvenuto invece nelle due fasi precedenti: l’Abb, si legge nel decreto di perquisizione eseguito giovedì scorso, sarebbe stato caratterizzato da «opacità e anomalie».

Nessun reato però: non si trattava di una gara pubblica e un'azionista, com’è il Mef, in linea di principio può cedere a chi vuole le proprie quote.

Oltre alla cessione del 15% di Mps fino allo scorso anno in capo al Mef, per ricostruire il presunto concerto occulto dei soci forti di Mediobanca e Generali gli inquirenti si concentrano anche sulla contromossa tentata da Piazzetta Cuccia per resistere alla scalata del Monte.

L’Ops lanciata su Banca Generali, che prevedeva in cambio il 13% delle quote della compagnia assicurativa, per i pubblici ministeri è stato un «momento di estrema rilevanza», il cui esito rappresenta «un passaggio rivelatorio» dal momento che ha segnato la «chiamata a raccolta» di chi poteva astenersi o votare contro l'offerta pubblica di scambio, poi bocciata.

In questo scenario il faro degli inquirenti si sposta anche sulle Casse di previdenza, come Enasarco che, si legge nell'atto, ha acquisito quote Mediobanca attraverso intermediari «situati in Paesi non collaboranti con le autorità di vigilanza», ossia a Malta, e «in assenza di delibera del Cda, necessaria per acquisti estranei alla policy di investimento prevista dallo statuto».

Rispetto al concerto tra Delfin e Caltagirone per mettere le mani su Mediobanca e in prospettiva sul Leone di Trieste, l’ad di Mps Luigi Lovaglio è indagato come concorrente esterno al progetto.

Secondo i pm, non avrebbe agito «nell'interesse di Mps» – l’istituto senese infatti non risulta tra gli indagati per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, al contrario del Gruppo Caltagirone e della holding Delfin – e «nemmeno per conto del Mef», ma avrebbe fornito un «contributo causale» alla manipolazione del mercato portata avanti dagli altri due indagati con una «strategia coordinata». —

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