Mediobanca, no dei soci all’Ops su Banca Generali
I voti favorevoli si sono fermati al 35%, i contrari al 10% del capitale presente. Determinante il 32% di astenuti. Tra questi Delfin, UniCredit ed Edizione

Il progetto di Mediobanca di acquisire Banca Generali si infrange contro il muro dell’assemblea. Riunitasi ieri a Milano con la partecipazione del 78% del capitale sociale, l’assise degli azionisti ha respinto la richiesta del Consiglio di amministrazione di autorizzare l’Offerta pubblica di scambio volontaria lanciata su tutte le azioni ordinarie della controllata del gruppo Generali.
Il voto ha fotografato un quadro frammentato e per alcuni versi anomalo. Il 35% del capitale si è espresso a favore, con un consenso trainato dal mercato: 25% investitori istituzionali e 10% investitori privati.
Sull’altro fronte, il 10% ha votato contro, con il gruppo Caltagirone in prima linea nella contrarietà all’operazione. Ma a risultare determinante è stata la massa critica degli astenuti, pari al 32% del capitale.
Qui si sono concentrati i pesi massimi dell’azionariato: Delfin della famiglia Del Vecchio (20%), le casse previdenziali italiane – Enasarco, Enpam e Forense – con il 5%, alcuni gestori istituzionali, unici a non seguire le raccomandazioni dei proxy advisor come Amundi, Anima (cioè Banco Bpm) e Tages con il 3%, oltre a Edizione Holding (2%) e UniCredit (2%).
Una scelta di astensione che ha avuto l’effetto di bloccare l’operazione, senza assumere formalmente una posizione contraria ma rendendo impossibile l’autorizzazione.
Preso atto dell’esito, Mediobanca ha dichiarato decaduta l’offerta su Banca Generali, mettendo così fine a una delle partite più attese della finanza italiana.
Il ceo Alberto Nagel, che vedeva in questa Ops il coronamento di una trasformazione di Piazzetta Cuccia di cui è stato l’artefice, non ha nascosto l’amarezza: «Desidero ringraziare tutti coloro che hanno creduto e sostenuto il processo di forte crescita e trasformazione di Mediobanca e che hanno supportato l’operazione Banca Generali come ulteriore e definitivo tassello nella creazione di un Wealth Manager di respiro internazionale» ha premesso.
Per poi aggiungere: «È stata un’opportunità mancata per effetto del voto espresso, in particolare, da azionisti che hanno manifestato un evidente conflitto di interesse, anteponendo quello relativo ad altri asset italiani a quello di azionisti di Mediobanca», ha sottolineato il Ceo.
Nagel ha rimarcato che «risulta evidente dal voto che coloro i quali non si sono trovati in questa posizione si sono espressi a favore, mercato in primis, in linea con le raccomandazioni dei proxy advisor internazionali». E ha concluso con uno sguardo al futuro: «Si tratta chiaramente di un’opportunità, per ora, mancata per lo sviluppo della nostra banca e del sistema finanziario italiano. Continueremo ad essere concentrati sull’esecuzione del nostro piano “One Brand – One Culture”, convinti della superiore generazione di valore rispetto all’alternativa rappresentata dall’offerta di Mps».
Al quadro assembleare si aggiunge il capitolo Unipol. La compagnia guidata da Carlo Cimbri ha infatti venduto nei mesi estivi la propria quota, poco sotto il 2%, uscendo da Mediobanca e non partecipando quindi al voto di oggi. Anche se il suo 2% non avrebbe potuto spostare gli equilibri.
I mercati hanno reagito con immediatezza all’epilogo della vicenda. Banca Generali è precipitata sotto la soglia dei 50 euro, chiudendo a 49,54 euro (-2,86%), mentre Mediobanca, inizialmente positiva (+0,7%), ha invertito la rotta cedendo l’1,4% a 20,98 euro. Mps ha perso l’1,13% a 8,12 euro, mentre Generali ha chiuso stabile a +0,32%.
Le parole di Nagel e i numeri della Borsa mostrano la portata della frenata. L’acquisizione di Banca Generali sarebbe stata per Mediobanca il tassello finale di una strategia di lungo periodo, proiettando Piazzetta Cuccia nel gotha del wealth management internazionale. Il no dell’assemblea segna dunque una eventuale svolta negli equilibri di governance e lascia campo libero a scenari alternativi, dove l’offerta di Mps diventa sempre più come possibile alternativa di consolidamento.
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