Banche e grandi famiglie, Nord Est decisivo nella partita Mediobanca
Determinanti le astensioni degli eredi Del Vecchio e dei Benetton. In precedenza erano uscite di scena Mediolanum e Unipol

Dalle banche alle grandi famiglie imprenditoriali. Nel momento decisivo il mondo finanziario con radici a Nord Est ha abbandonato Alberto Nagel al suo destino, giocando un ruolo decisivo nella bocciatura dell’operazione Banca Generali da parte dell’assemblea di Mediobanca.
A certificarlo sono i numeri: il fronte degli astenuti ha toccato ieri la rilevante quota del 32%. A giocare la parte del leone è stata ovviamente Delfin, la finanziaria degli eredi Del Vecchio guidata da Francesco Milleri, che a Piazzetta Cuccia pesa per il 19,82%.
Ma un ruolo rilevante l’ha avuto anche la famiglia Benetton, che attraverso Edizione possiede il 2,2% di Mediobanca. Nel 2023 la finanziaria della famiglia di Ponzano si schierò a favore del consiglio di amministrazione guidato da Nagel e in precedenza, nel 2021, era uscita dal patto di consultazione proprio per «mantenere l’assoluta neutralità» e «non schierarsi nelle vicende che occupano Mediobanca, pur esprimendo pieno apprezzamento per l’attività svolta dal suo management».
Un apprezzamento che, viste soprattutto le mutate condizioni politiche, a Ponzano hanno deciso di non confermare decidendo di astenersi. Una neutralità che in questo caso ha assunto un profondo significato.
Anche la famiglia friulana Pittini, con quartier generale a Osoppo, negli ultimi mesi ha ceduto azioni andando così a indebolire quel patto di consultazione su cui ha storicamente potuto contare Nagel.
A inizio luglio invece era stata Mediolanum a tirarsi fuori dalla contesa cedendo l’intera partecipazione (detenuta in parte per conto proprio e in parte attraverso la controllata Mediolanum Vita) nell’istituto di Piazzetta Cuccia, pari al 3,5% del capitale.
Quella presa da Massimo Doris era stata una decisione storica, considerato che la partecipazione era stata acquisita un quarto di secolo fa e che negli ultimi anni la società dei Doris (che sono rimasti nel capitale con lo 0,95% della Finprog, la finanziaria di famiglia) era stata sempre al fianco del board di Mediobanca.
«Non ci sono motivi di star dentro ed essere tirati per la giacca», aveva spiegato Doris, «se non ci fosse stata l’operazione di Mps, saremmo rimasti in Mediobanca».
Una scelta su cui può aver giocato un ruolo anche lo storico legame con la famiglia Berlusconi, che potrebbe aver reso la banca fondata da Ennio Doris un po’ più sensibile al pieno appoggio all’operazione da parte del governo di cui Forza Italia è azionista importante.
E sempre sul fronte bancario è emerso ieri che anche Unipol aveva venduto la sua quota, poco inferiore al 2%. In un primo momento il gruppo guidato da Carlo Cimbri era pronto a votare a favore dell’operazione proposta da Nagel. Successivamente, approfittando dell’andamento del titolo ai massimi in Borsa, Unipol ha ceduto le sue azioni.
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