Nagel, il manager che voleva cambiare pelle a Mediobanca
Banchiere pragmatico legato ai valori ma con una visione innovativa. Il suo obiettivo: fare dell’istituto un campione del Wealth Management

Alberto Nagel è l’uomo che ha trasformato Mediobanca dall’“animale novecentesco” di Enrico Cuccia — metà banca d’affari, metà holding di partecipazioni — in un gruppo bancario diversificato, internazionale, orientato al Wealth Management.
Una metamorfosi lenta e costante, durata vent’anni, che ha quintuplicato il perimetro dei ricavi e garantito agli azionisti ritorni ai massimi livelli della media europea.
La sua regia è stata quella di un banchiere pragmatico, capace di tenere insieme due anime: da un lato la fedeltà ai valori tradizionali di Piazzetta Cuccia — prudenza, rigore, autonomia — dall’altro la spinta innovativa che ha aperto l’istituto a nuove frontiere industriali.
Gli anni delle crisi hanno cementato questa identità. La Grande Recessione del 2008 e la crisi del debito sovrano del 2012 hanno lasciato sul terreno macerie per l’intero sistema bancario europeo. Mediobanca, sotto la guida di Nagel, le ha attraversate senza mai chiedere al mercato un aumento di capitale: un unicum nel panorama nazionale. In parallelo, sono state liquidate le “scorie” della vecchia finanza: la crisi di FondiariaSai, il riassetto dei Ligresti, la chiusura dei patti di sindacato e la dismissione delle partecipazioni storiche.
Il disegno industriale, però, era già tracciato sin dai primi anni Duemila.
Con Compass, integrata a Linea, i profitti sono passati da 30 a 300 milioni di euro. Con CheBanca! — esperimento digitale lanciato nel 2008 — Mediobanca ha anticipato il cambiamento del retail banking italiano, poi consolidato nel 2015 con l’acquisizione di Barclays Italia. Parallelamente, la spinta verso il Corporate & Investment Banking ha visto nascere sedi a Parigi, Francoforte, Londra e New York, fino all’acquisizione nel 2019 di Messier Maris & Associés e nel 2023 di Arma Partners, il più importante operatore europeo di advisory M&A nel digital tech.
Un capitolo decisivo è quello del Wealth Management. Dopo l’acquisizione totalitaria di Banca Esperia, Nagel ha costruito Mediobanca Private Banking, destinato a servire alcune delle famiglie imprenditoriali più importanti del Paese, con masse pari a 88 miliardi.
Nel 2024 il lancio di Mediobanca Premier ha segnato un passaggio simbolico: per la prima volta nella storia, il brand Mediobanca è entrato direttamente nel tessuto delle città italiane, rivolgendosi alla fascia alta della clientela privata, quella che detiene larga parte della ricchezza nazionale.
Il mosaico si completa con l’asset management alternativo: Cairn Capital, Bybrook e Ram Active Investments, confluite in Polus Capital, hanno fatto di Mediobanca un operatore di peso nel credito alternativo. E ancora Compass, che ha innovato nel Buy Now Pay Later con l’acquisizione delle fintech Soisy (Italia, 2022) e HeidiPay (Svizzera, 2023). Tutti tasselli che hanno consolidato il modello di Private & Investment Banking, unico in Europa per posizionamento e redditività.
La strategia si è fatta organica con il piano “One Brand One Culture” : ricavi a 4,4 miliardi (+20% in tre anni), utile netto a 1,9 miliardi (+45%), 5 miliardi distribuiti agli azionisti tra il 2025 e il 2028, con un pay-out ratio del 100%. L’operazione su Banca Generali avrebbe potuto essere il coronamento della trasformazione. L’idea, emersa già nel 2020 e ripresa nell’aprile scorso, prevedeva lo scambio dell’intera partecipazione in Generali con il controllo della banca del risparmio.
I prezzi di Borsa avrebbero permesso di riconoscere agli azionisti di Banca Generali un premio del 15% rispetto alle quotazioni di mercato, valorizzando l’investimento ai massimi storici. L’operazione avrebbe comportato la dismissione dell’ultima partecipazione di Mediobanca e risposto alle critiche di grandi soci, come quelle che a suo tempo gli fece lo scomparso Leonardo Del Vecchio, che contestavano il legame con Generali. Scambiando una quota finanziaria con un asset industriale, Mediobanca avrebbe riallocato capitale in modo massiccio, portando il Wealth Management oltre il 50% dei ricavi consolidati.
Sarebbe stata la mossa definitiva, ma l’assemblea ha respinto la proposta. Il progetto resta così una occasione mancata per realizzare l’ultimo tassello che avrebbe potuto portare Mediobanca a diventare un wealth manager europeo.
Oggi l’istituto cammina con le gambe del piano industriale, forte di una trasformazione già realizzata. Ma il suo futuro si gioca ora su altri tavoli. In attesa che l’offerta di Siena giunga al termine e apra probabilmente una nuova stagione.
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