Rigo di Banca Aletti: «A Nordest superati i 2 miliardi di masse gestite»
Il direttore generale traccia i contorni dell’anno che verrà e invita gli investitori alla cautela: “Smontare i portafogli di investimento è un’attitudine dettata da emotività più che da reali opportunità”

Una situazione di incertezza destinata a perdurare sui mercati finanziari. E mentre gli Stati Uniti hanno un orizzonte più roseo di crescita, l’economia europea dà segni di debolezza che potrebbero trasformarsi in una recessione tecnica. Leonardo Rigo, DG di Banca Aletti, traccia i contorni dell’anno che verrà. Con molti caveat, soprattutto sulla tentazione di smontare i portafogli di investimento: “Un’attitudine dettata da emotività più che da reali opportunità”.
Banca Aletti è una presenza storica a Nordest e nella città di Verona. Da sempre è presente anche a Vicenza, Padova, Treviso e Venezia.
Sì, siamo la banca private e il centro di investimento del Gruppo Banco BPM. Lavoriamo a stretto contatto con il territorio e in sinergia con i centri corporate, con Banca Akros e con i centri imprese del Gruppo con l’obiettivo di dare una risposta completa, in termini di servizio, alle esigenze di famiglie e imprese. Banca Aletti quindi si affianca nella gestione della liquidità generata dagli importanti risultati delle imprese in questi anni. Inoltre, è attiva nella gestione del patrimonio personale dell’imprenditore e presente nei momenti straordinari della vita dell’impresa e della famiglia come ad esempio nei passaggi generazionali, in particolare con il contributo di Aletti Fiduciaria.
Come è andata quest’anno in termini di masse e di raccolta?
Al 30 settembre avevamo un Asset Under Management di oltre 31 miliardi con una raccolta netta totale superiore a 650 milioni. A Nordest le masse gestite sono oltre 2,2 miliardi con circa 2.000 clienti. Ad oggi la raccolta complessiva è positiva, lo stock di masse investito ha avuto una riduzione legata all’andamento dei mercati, ma questo non ha inciso sulla raccolta netta che rimane positiva.
C’è stato un cambiamento del mix nelle asset allocation dovuta alle gravi incertezze che vengono percepite non solo dalle imprese ma anche dagli imprenditori?
È in corso una variazione del mix dei portafogli dei nostri clienti, ma come spesso accade in momenti di criticità come questo, è più emotiva che giustificata. È la conseguenza dell’esasperazione causata dall’andamento negativo del 2022 anche su mercati decorrelati come quello azionario e obbligazionario. Questo, complice la spinta dell’aumento dei tassi, ha portato gli investitori, a smontare le strategie bilanciate per orientarsi verso le nuove emissioni governative. Un errore comportamentale in quanto, nei fondi obbligazionari, sono presenti titoli con rendimenti a scadenza attorno al 4/5 per cento. Uscirne significa rinunciare a questi rendimenti, con minusvalenze certe.
Crede che questa fase di incertezza perdurerà a lungo, guardando i mercati che indicazioni avete?
Il periodo di incertezza non è ancora terminato. A parte qualche timido segnale di contrazione che arriva dagli Stati Uniti, la battaglia all’inflazione non è ancora finita. Per questo gli interventi da parte delle Banche Centrali, in particolare in Europa, sono decisamente probabili e la valutazione sulle mosse future spesso determina gli andamenti del mercato. Al contempo l’inflazione in Europa non sta dando segni di contrazione e il timore di una recessione importante in termini di durata ha già portato alcuni componenti della Bce a valutare interventi più graduali.
Quali potrebbero essere i risvolti di questa situazione, detto che se siamo al cospetto di tassi inflattivi che non si vedevano da quarant’anni, la dinamica salariale e quella dei tassi non è certo comparabile?
C’è da fare una distinzione: gli Stati Uniti hanno prospettive ancora positive per il 2023 e un mercato del lavoro decisamente forte, nonostante gli interventi della Fed siano iniziati prima e siano stati più imponenti di quelli della Bce. Nel loro caso però l’inflazione è determinata dalla domanda, mentre per l’Europa dipende dai costi, in particolare da quelli di approvvigionamento energetico sia diretti che indiretti. Effetto anche del conflitto russo-ucraino. In Europa e, nonostante tre trimestri molto brillanti, si va dunque verso una contrazione del Pil che, seppur tecnica, potrà riguardare almeno uno o due trimestri.
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