Mediobanca, inchiesta della Procura: indagati Milleri, Caltagirone e Lovaglio

I magistrati indagano sul presunto accordo per la scalata a Piazzetta Cuccia e l’operazione Mps. Delfin: «Agito nel rispetto delle regole». Rocca Salimbeni: «Chiariremo nostra correttezza»

Giorgio Barbieri
La sede di Mediobanca in piazzetta Cuccia
La sede di Mediobanca in piazzetta Cuccia

L’indagine della Procura di Milano sul risiko bancario che negli ultimi mesi ha ridisegnato gli equilibri tra Mediobanca, Monte dei Paschi di Siena e, in prospettiva, Generali compie un importante salto di livello. L’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri, presidente di Delfin (la finanziaria della famiglia Del Vecchio) e di EssilorLuxottica, Luigi Lovaglio, amministratore delegato di Rocca Salimbeni, risultano infatti iscritti nel registro degli indagati per i reati di aggiotaggio e ostacolo all’attività delle autorità di vigilanza. La notizia riguarda anche due società: il Gruppo Caltagirone e Delfin, entrambe iscritte per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti.

Secondo il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza, coordinato dall’aggiunto Roberto Pellicano con i sostituti procuratori Luca Gaglio e Giovanni Polizzi, i tre indagati avrebbero partecipato a un accordo non comunicato al mercato finalizzato all'offerta pubblica di scambio che ha portato l’istituto senese ad acquisire la maggioranza di Mediobanca, attraverso operazioni realizzate tra gennaio e ottobre. Una condotta che, per la Procura, avrebbe violato gli obblighi informativi verso Consob, Banca centrale europea e, per i profili legati alle assicurazioni, Ivass. Le ipotesi di reato sono dunque manipolazione del mercato e ostacolo alle funzioni di vigilanza.

Le iscrizioni nel registro degli indagati, da quanto si apprende, risalgono ai mesi scorsi, quando erano già emerse le prime indiscrezioni sull’inchiesta che coinvolgeva i fronti Mps–Mediobanca e, in prospettiva, anche il dossier Generali. L'iniziativa della Guardia di Finanza, con nuove acquisizioni di documenti, prosegue quel filone di accertamenti.

Già nei mesi precedenti la procura aveva concentrato l’attenzione sull’Accelerated Book Building del 13 novembre 2024, quando il Ministero dell’Economia, all’epoca primo azionista di Mps, cedette un ulteriore quota del15% del capitale. L’operazione, strutturata tramite Banca Akros, banca d’investimento di Banco Bpm designata come global coordinator e bookrunner, vide l’acquisto del pacchetto da parte di soli quattro investitori: Banco Bpm (5%), Gruppo Caltagirone (3,5%), Delfin (3,5%) e Anima (3%).

Tutti presentarono in nove minuti una proposta con un identico premio del 5% sul valore del titolo Mps, offerto, ipotizza la magistratura, per evitare contestazioni sull’ipotesi di una svendita da parte dello Stato. Su quella operazione i magistrati hanno già ascoltato come persone informate sui fatti dirigenti del Tesoro, funzionari di Banca Akros, l’ad di UniCredit, Andrea Orcel, e il responsabile dell’area legale di Mediobanca, Stefano Vincenzi. Le domande si erano concentrate sulle ragioni dell’incarico ad Akros, sulle tempistiche del collocamento accelerato e sulla dinamica che portò alla cessione del pacchetto in condizioni così rapide a quattro investitori.

Secondo la ricostruzione accusatoria, il concerto tra Delfin e il gruppo Caltagirone avrebbe riguardato non solo l’acquisto coordinato delle azioni Mps, ma anche la parallela salita in Mediobanca. Tale condotta, sostiene la procura, avrebbe portato al superamento congiunto della soglia del 25% della banca guidata allora da Alberto Nagel, livello oltre il quale la normativa impone l’obbligo di Opa. Un punto cruciale, perché indicherebbe un disegno comune mai comunicato agli organismi di vigilanza.

Ieri il consiglio di amministrazione di Delfin ha dichiarato all’unanimità «la totale estraneità dei propri membri ai fatti contestati e di aver sempre agito nel pieno rispetto delle regole del mercato e delle normative vigenti. Si dice infine certo che l’indagine in corso dimostrerà l’infondatezza e l’insussistenza della provvisoria contestazione, confermando l’estraneità del Cda e dei suoi membri alle accuse mosse».

Mps ha invece comunicato di aver anche ricevuto un decreto di perquisizione e di essere «confidente di poter fornire tutti gli elementi a chiarimento della correttezza del proprio operato» e riafferma «piena fiducia nelle autorità competenti», assicurando massima collaborazione. Dal gruppo Caltagirone non sono invece arrivati commenti

La fase istruttoria ora proseguirà con l’esame della documentazione già acquisita e con ulteriori approfondimenti. L’inchiesta rimane complessa, intrecciando il ruolo dei principali investitori privati del Paese, le strategie industriali di Mediobanca e le mosse dello Stato su Mps. Il lavoro della Procura punta a verificare se esista uno schema unitario tra le operazioni contestate, un elemento che potrebbe avere ricadute significative sull’assetto del sistema finanziario italiano e, in prospettiva, sul Leone di Trieste.

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