Mediobanca, arriva l’ora della resa dei conti: atteso il 78% del capitale

Si apre l’assemblea che deve decidere sull’Ops lanciata per Banca Generali.  Previsioni sfavorevoli all’operazione con cui si vorrebbe creare un polo del wealth management

Roberta Paolini
La sede milanese di Mediobanca
La sede milanese di Mediobanca

Oggi per Mediobanca scatta l’ora del redde rationem con l’assemblea straordinaria degli azionisti, rigorosamente a porte chiuse e con voto da remoto.

Gli orientamenti di voto sono già stati depositati nelle scorse ore e il verdetto del rappresentante designato, atteso per le 12, rischia di segnare il destino dell’operazione voluta dall’amministratore delegato Alberto Nagel.

I soci sono chiamati a decidere se autorizzare il consiglio di amministrazione – oggi vincolato dalla passivity rule – a lanciare l’Offerta pubblica di scambio volontaria sulla totalità delle azioni ordinarie di Banca Generali, annunciata lo scorso 28 aprile, utilizzando come corrispettivo le azioni Assicurazioni Generali detenute da Mediobanca e pari a una partecipazione del 13,5%. In caso di bocciatura, non ci saranno scossoni immediati: Nagel continuerà a gestire la banca in modalità ordinaria.

L’Ops su Banca Generali era stata concepita da Nagel come l’asse portante del progetto per trasformare Piazzetta Cuccia in un campione del wealth management.

Un disegno che ha ottenuto il plauso dei proxy advisor e dei grandi fondi internazionali, ma che ha incontrato l’opposizione dei principali soci italiani. In un risiko bancario in cui gli intrecci azionari sono stati una costante, con la simultanea presenza su più tavoli degli stessi soggetti.

Sul palcoscenico della finanza italiana la contrapposizione è netta: da un lato l’integrazione con Banca Generali, definita dal management di Piazzetta Cuccia «il best deal», dall’altro l’Offerta di scambio lanciata da Mps su Mediobanca, bollata dallo stesso Nagel come «distruttrice di valore».

Il pronostico della vigilia non è favorevole all’amministratore delegato. A complicare il quadro c’è la posizione di alcuni grandi azionisti: Delfin (19,8%), Caltagirone (9,9%), le casse di previdenza Enpam ed Enasarco (5,5%), Edizione della famiglia Benetton (2,2%) e UniCredit (1,9%, per conto clienti).

Delfin ha già consegnato il proprio pacchetto in adesione all’offerta Mps, una scelta che ha il sapore di schieramento strategico, considerato che il prezzo dell’Ops senese resta a sconto del 2,53%, con una differenza di capitalizzazione di 441,7 milioni.

Qualunque sarà l’esito della votazione, la finanziaria della famiglia Del Vecchio ha già fatto capire con chiarezza il proprio orientamento.

L’impegno di Delfin è stato rafforzato dal via libera ottenuto nelle scorse ore dalla Bce ad aumentare la partecipazione in Montepaschi fino a quasi il 20% del capitale.

Un ulteriore segnale della direzione strategica intrapresa da Francesco Milleri, che presiede la cassaforte degli eredi di Leonardo Del Vecchio.

In questo scenario, l’astensione pesa come un voto contrario: è il caso delle casse di previdenza e con ogni probabilità anche di Edizione.

Diversa la posizione di Caltagirone, che secondo indiscrezioni si muoverebbe per un voto esplicitamente negativo.

Sommando queste forze, il fronte del “no” si aggira attorno al 40% del capitale a fronte di un’affluenza prevista al 78%.

Sul fronte opposto, Nagel può contare sul sostegno dei grandi fondi: BlackRock, salito oltre il 5%, ha già espresso il proprio sì, seguito da Norges Bank e da altri fondi pensione, per un pacchetto complessivo vicino al 2%. Al loro fianco si schierano i proxy advisor Iss, Glass Lewis e Pirc, che hanno raccomandato di votare a favore del management.

Intanto l’offerta alternativa di Mps avanza: le adesioni sono già al 19,417%, ieri invariate

 L’obiettivo dichiarato di Mps è arrivare al 66,7% delle adesioni, Siena però ha abbassato notevolmente la soglia di efficacia fermandola alla quota del 35%, nella convinzione di poter esercitare con quella quota un controllo di fatto.

In gioco non c’è soltanto una partita di carta, ma il futuro stesso dell’architettura finanziaria italiana, che incrocia i destini della più importante compagnia di assicurazione italiana e che lega tra intrecci azionari il destino di Siena con Milano e Trieste.

Una nuova architettura che è stata tracciata con il benestare del Governo che di Mps è ancora azionista con l’11 per cento. —

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