Graffi Brunoro: «Sul caro mutui il credito cooperativo fa la propria parte»
«Gli strumenti per governare l’inflazione li hanno altri»

«Ridiscutere le condizioni dei mutui? È quanto le Bcc stanno già facendo da tempo. Gli appelli lanciati in occasione dell’assemblea Abi di mercoledì, per quanto ci riguarda, sfondano una porta aperta». A dirlo è Giuseppe Graffi Brunoro, uno dei più autorevoli rappresentanti del mondo del credito cooperativo in Friuli Venezia Giulia.
L’ex presidente della federazione regionale (prima della scissione tra Cassa centrale e gruppo Iccrea), oggi alla guida di PrimaCassa, concorda sulla necessità di venire incontro ai risparmiatori, come chiesto alle banche dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. «Ma gli strumenti – precisa Graffi Brunoro – vanno studiati e discussi caso per caso: c’è chi ha la possibilità di estinguere il mutuo, chi preferisce allungarne la durata o chiedere uno sconto sui tassi. Le soluzioni dipendono dalle condizioni, dalla situazione economica e reddituale del contraente, dalla sua età». Un altro aspetto da chiarire, per Graffi Brunoro, riguarda le caratteristiche dei mutui soggetti agli aumenti più pesanti. «Se è vero che il problema riguarda tutti i contratti a tasso variabile – spiega – è altrettanto vero che le condizioni sono cambiate soprattutto per chi, attratto dai tassi estremamente bassi, aveva scelto di sottoscrivere mutui molto lunghi. La rata, infatti, è un mix composto da quota interessi e quota capitale. E il peso della quota interessi è tanto più alto quanto più ampia è la durata del prestito. Sui mutui di durata più breve, invece, l’impatto dell’aumento dei tassi è minore».
Le difficoltà di oggi – questo il messaggio – non sono tanto l’effetto di una rigidità delle banche, quanto del brusco passaggio da dieci anni di politiche monetarie estremamente espansive a una stagione di progressivo aumento dei tassi, iniziata alla fine di luglio 2022. «Esatto: in un anno è cambiato il mondo», rimarca Graffi Brunoro. «Il futuro? Non ho la sfera di cristallo, ma in linea con quanto affermato dal governatore della Banca d’Italia, credo che dobbiamo prepararci, più che a ulteriori significativi aumenti, a un periodo relativamente lungo di stabilizzazione dei tassi di questi livelli. Potrebbero esserci un paio di ulteriori interventi da parte della Bce, non credo di più. E mi attendo che nell’arco di 18 mesi, spero entro la prima metà del 2025, possano iniziare a crearsi le condizioni per un’inversione di tendenza».
Questo l’auspicio, un po’ diverso da quello di chi, soprattutto sul fronte imprenditoriale, teme che gli effetti recessivi della stretta monetaria possano superare i benefici in termini di contrasto all’inflazione. «Per dieci anni – dichiara ancora il presidente di PrimaCassa Fvg – la politica monetaria della Bce ha consentito alle imprese di superare momenti di forte difficoltà. Ma la memoria è corta: gli elementi positivi di ieri tendono a essere dimenticati, superati dalle valutazioni negative su quanto accade oggi. Detto questo, la Bce ha in mano solo leve di natura monetaria. Le altre leve, vale a dire l’aumento delle tasse e i tagli alla spesa pubblica, sono in mano ai Governi, ma hanno una ricaduta immediata in termini di consenso. Quanto agli effetti sull’inflazione, i tassi di interesse sono solo una delle componenti che possono determinarne una riduzione, e in ogni caso in economia gli effetti non sono mai immediati: sono processi di aggiustamento che hanno bisogno di tempo. Questo dovrebbero saperlo sia i governi che le imprese. Imprese che, in una fase come questa, forse dovrebbero essere consapevoli che l'inflazione dipende anche dal loro atteggiamento verso la massimizzazione del profitto».—
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