Giovani a scuola di finanza e impresa. «Piccolo è bello? Ormai è un limite»

A Milano 360 studenti hanno partecipato a Young Factor e dialogato con Jean Claude Trichet, ex presidente della Bce

Giorgio Barbieri

 

«Piccolo fa fatica ad andare lontano». Così Claudia Parzani, presidente di Borsa Italiana, ha analizzato un tema centrale nell’evento Young Factor, dialogo tra giovani, economia e finanza promosso a Milano dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori in partnership con Intesa Sanpaolo: l’urgenza di superare uno dei limiti strutturali dell’economia italiana, e del Nord Est in particolare, per affrontare un futuro sempre più complesso.

«L’idea che piccolo è bello ci ha bloccati», ha detto Parzani alla platea di giovani che ha affollato l’incontro ospitato a Palazzo Mezzanotte in piazza Affari a Milano. «Le nostre aziende faticano a crescere, ad attrarre talenti, a investire, a rispondere rapidamente ai cambiamenti», ha sottolineato, «serve una nuova cultura imprenditoriale fatta di visione, coraggio e dimensioni adeguate. Le fusioni non devono restare solo nei manuali universitari». E il richiamo non è solo economico, ma anche culturale: per affrontare un mondo complesso e veloce, servono imprese forti e giovani preparati.

Un tema ripreso anche da Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, che ha sottolineato l’importanza dell’educazione economico-finanziaria come leva di equità e strumento di cittadinanza: «Gestire il proprio denaro, capire il contesto, saper fare scelte consapevoli: tutto questo non è solo utile, è un esercizio di libertà. L’educazione finanziaria è una chiave per leggere il mondo e trovare il proprio posto». Gros-Pietro ha quindi ricordato anche l’impegno della banca per affiancare famiglie e imprese, ma soprattutto per alimentare relazioni vere: «In un mondo dove tutto è digitale, il valore delle relazioni profonde – personali, amicali, professionali – cresce ancora di più. La conoscenza ha valore solo se è condivisa».

A tenere banco nella prima giornata di Young Factor è stato anche il futuro dell’Europa. «Tutti noi crediamo nell’Europa. Ma forse serve un’altra Europa», ha detto in apertura Andrea Ceccherini, presidente dell’Osservatorio Giovani Editori, «non un continente immobile, ma una costruzione viva, che guardi lontano. Che non sia solo il più grande mercato del mondo, ma un’unione politica ed economica vera. Perché dal Covid abbiamo imparato che nessuno si salva da solo. Viviamo una fase in cui i timori dominano sulle speranze. Ma abbiamo il dovere di trovare il filo di un sogno. L’Europa può ancora rappresentarlo, se decide davvero di ripartire».

Il sogno europeo, però, si scontra con la realtà. Lo ha ricordato Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, richiamando la necessità di armonizzare le regole economiche e bancarie nell’UE: «Non possiamo chiedere all’Europa ciò per cui non ha competenza. Serve un’unione bancaria completa, con codici comuni, anche penali. Non bastano gli auspici. Le riforme non costano capitali: servono volontà politica e responsabilità». E a proposito di responsabilità, Patuelli ha citato Einaudi: «Concedere credito senza la certezza della restituzione è un furto. E chi chiede più audacia alle banche dovrebbe prima proporre leggi che le tutelino».

Infine, lo sguardo globale è arrivato da Jean-Claude Trichet, ex presidente della Banca Centrale Europea. La globalizzazione, ha spiegato, non va abbandonata, ma governata con consapevolezza. «La pandemia ha mostrato le debolezze delle filiere globali. Non è la globalizzazione in sé a essere dannosa, ma una gestione imprudente dei rischi. E oggi il debito globale è più alto di quello del 2008. Serve prudenza e serve cooperazione».

Tra oggi e domani i 360 studenti delle scuole secondarie di secondo grado di sei Paesi europei si confronteranno con sei governatori di altrettante banche centrali nazionali, con il vicepresidente della Banca centrale europea e con alcuni tra i più autorevoli banchieri italiani, tra cui Carlo Messina e Andrea Orcel.

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