Dossier, Del Vecchio jr ai pm: «Volevano dividermi da Milleri»

Lungo interrogatorio dell’imprenditore nell’ambito dell’inchiesta Equalize. «Non ho mai creduto che l’azienda avesse fatto qualcosa contro di me»

Giorgio Barbieri
Leonardo Maria Del Vecchio
Leonardo Maria Del Vecchio

Un “gioco sporco” per creare dissidi interni e incrinare il rapporto con l’amministratore delegato di EssilorLuxottica, Francesco Milleri. È questo il quadro che emerge dalle 140 pagine di verbale dell’interrogatorio del 21 novembre scorso di Leonardo Maria Del Vecchio, uno dei figli del fondatore di Luxottica, indagato (ma poi non più coinvolto) nel filone sulle presunte attività di cyber-spionaggio ai danni di familiari e top manager del gruppo di Agordo.

«Non ho mai chiesto di fare nulla di illegale» ha spiegato Del Vecchio jr ai pm, raccontando di essere caduto in una «truffa» orchestrata da personaggi legati all’agenzia investigativa Equalize, tra cui l’ex carabiniere Vincenzo De Marzio e il tecnico informatico Nunzio Samuele Calamucci. Questi, secondo la sua versione, lo avrebbero convinto dell’esistenza di una lista di oltre cento nomi «dossierati»: dai top manager di EssilorLuxottica, ai membri del board, fino a tutto il consiglio di Delfin e alla sua famiglia.

Al giovane erede fu detto persino che Milleri lo stava «spiando»: «Fuffa» – ha chiarito ai magistrati – «mi stavo rendendo conto che stavano usando la situazione a fini di lucro e non per proteggermi». L’obiettivo, secondo quanto trapela, sarebbe stato quello di minare la fiducia tra lui e il Ceo, creando sospetti reciproci e destabilizzando gli equilibri al vertice in una fase particolarmente complessa.

«Non ho mai creduto che l’azienda avesse fatto qualcosa contro di me», ha messo a verbale «anzi, EssilorLuxottica mi è stata vicina e lo stesso Francesco Milleri mi ha aiutato a liberarmi di queste persone». Stando alle indagini, Calamucci avrebbe realizzato anche un falso «atto informatico pubblico» per «offuscare l'immagine di Claudio Del Vecchio, fratello di Leonardo». Quest’ultimo ha poi spiegato che la famiglia non ha esattamente «un rapporto» da Mulino Bianco, «perché siamo tre generazioni diverse». Ma Del Vecchio jr spese 455.000 euro per comprare quel documento, in sostanza per evitare, come gli avevano detto, che lo comprassero altri. «Me l’hanno presentato come necessario per proteggere la famiglia» ha detto «ma col tempo ho iniziato a sentirmi un po’ estorto».

La Dda di Milano e la Dna hanno chiuso a fine luglio il primo filone della maxi-inchiesta, con oltre duecento capi di imputazione a carico di quindici persone, tra cui Enrico Pazzali, ex presidente di Fondazione Fiera Milano ed ex titolare di Equalize. Tra gli elementi più delicati, la Procura cita l’esistenza del cosiddetto “Gruppo Fiore”, al centro di un’inchiesta parallela condotta dalla Procura di Roma, accusato di aver svolto attività di dossieraggio sistematico sui vertici di Luxottica e sulla famiglia Del Vecchio.

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