Delfin e Mediobanca sempre più distanti. Rischio rottura sul nome di Pagliaro
La holding dei Del Vecchio chiede un presidente indipendente
Gli spazi per una lista condivisa per il board sempre più stretti

Mediobanca e Delfin sono a un passo dalla rottura. Secondo alcuni osservatori ormai pare inevitabile. Martedì sera è arrivato un diniego ufficiale della holding della famiglia Del Vecchio, che detiene poco meno del 20 per cento del capitale, alla proposta del management di Mediobanca.
L’offerta da quel che si è appreso riguardava quattro consiglieri nella lista della banca, di cui uno destinato a Francesco Gaetano Caltagirone, e poneva come nome per la presidenza quello di Renato Pagliaro. Ed è su questo nome che il negoziato si sarebbe arenato.
In quanto, sin da principio, Delfin aveva espressamente chiesto un’apertura su questo punto: un presidente nuovo e autonomo, identikit che secondo la cassaforte della famiglia Del Vecchio non è quello di Pagliaro, al vertice della banca dal 2008. La holding guidata da Milleri, dicono fonti vicine, non ne ha tuttavia mai fatto una questione di numero di consiglieri. Anzi asserisce che le best practice europee di soggetti vigilati non prevedono incarichi così longevi per i vertici come sta avvenendo per Mediobanca.
Piazzetta Cuccia ribatte che le richieste della holding siano lontane dal modello di governance delle principali banche sistemiche quotate e che la scelta del presidente, per statuto sia prerogativa del cda, non possa essere negoziata con un singolo socio.
Ma il nome del presidente, per definizione nelle organizzazioni finanziario un elemento di garanzia e indipendenza, è un un elemento dirimente e non trattabile per Delfin, se il fine è arrivare ad una lista unica e condivisa. Ma l’impressione, dalla parti della holding del Granducato è che il management, guidato da Alberto Nagel, intenda andare da solo.
Ora la risposta sarà portata all'esame del comitato nomine e del cda di Mediobanca. Ma a questo punto gli spazi per una lista comune in vista dell'assemblea del 28 ottobre appaiono praticamente nulli mentre l’attesa è che Delfin alla fine si risolva a presentare una propria lista di minoranza, corta o lunga, al momento non è chiaro. Nel caso di lista lunga si tratterà in tutto di sette nomi. Con la possibilità che se questa vincesse alla holding andrebbero sette consiglieri, un consigliere alla lista Assogestioni ed ecco che il board di Piazzetta Cuccia si troverebbe spaccato a metà.
Delfin ha la possibilità di presentare una propria lista, la Bce, da quel che risulta, non nega questa possibilità, anche all’investitore finanziario, a patto che non si indichi presidente e ceo.
Gli spazi per giungere ad un accordo risultano estremamente ridotti, al massimo entro il 28 settembre va depositata la lista per il board espressione del management. Anche se a quanto risulta il cda dovrebbe riunirsi il 20 di settembre per approvare la composizione dei 12 membri da portare per il rinnovo del consiglio.
L’offerta avanzata da Piazzetta Cuccia venerdì scorso era composta da diversi elementi, tra cui un impegno da rendere tale tramite un patto parasociale, da far firmare distintamente a Caltagirone e a Delfin, in quanto sono due tavoli di trattativa separate, e che impegnasse ad una serie di aspetti: non votare per altre liste, di non aumentare la propria quota, non proporre né votare un'eventuale proposta di revoca del consiglio, di non promuovere operazioni straordinarie come un'opa e di non cedere più del 5% a un altro soggetto.
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