Crédit Agricole apre il dossier Banco Bpm: nominati gli advisor
Il gruppo francese al lavoro su un’aggregazione che coinvolgerebbe le sue attività in Italia. Ma per l’istituto guidato da Castagna sul tavolo c’è anche l’opzione del terzo polo con Mps

L’ago della bussola del risiko bancario continua a puntare su Milano. Secondo Reuters, Crédit Agricole lavora con Deutsche Bank e Rothschild a una possibile fusione con Banco Bpm della propria divisione italiana, la stessa con sede a Pordenone e come insegna Friuladria. L’operazione, ancora in fase embrionale, metterebbe sul tavolo l’ipotesi di creare il terzo polo del credito nazionale, subito dietro ai colossi Intesa Sanpaolo e UniCredit.
Il mercato, reduce dal fallito assalto di Andrea Orcel su Banco, resta in ebollizione. E l’amministratore delegato del Banco Giuseppe Castagna in una recente intervista non ha voluto nascondere la traiettoria: «L’Agricole è l’opportunità più chiara che abbiamo», ha detto a Cnbc, «anche se non l’unica. È un’opzione che potrebbe essere un bene per l’economia italiana». Con i francesi, che detengono già il 20% del capitale, le sinergie sono evidenti: partnership consolidate nel credito al consumo (Agos), nell’assicurazione danni, oltre a una rete da mille filiali che si interseca con quella del Banco.
Ma il ceo del Banco non ha solo questa carta sul tavolo. Il mercato domestico resta polarizzato intorno ai due giganti UniCredit e Intesa Sanpaolo, con gli altri istituti relegati a distanze di sicurezza. Con la chiusura dell’operazione Mps su Mediobanca e l’altissima probabilità della fusione di Piazzetta Cuccia nella nuova Siena a trazione Tesoro, Delfin e Caltagirone – con lo stesso Banco e Anima tra gli azionisti – è evidente che anche il Monte figura tra i soggetti naturali a un’aggregazione con l’istituto scaligero-milanese. Del resto lo stesso Castagna lo aveva chiarito tempo fa: due erano i soggetti ideali per costruire un consolidamento alternativo a UniCredit, la parte italiana del gruppo francese e il Monte.
Lo scenario dunque non si esaurisce a Parigi. La rotta verso Siena sta anche nei numeri. Il nuovo Monte dei Paschi, rinforzato dall’operazione su Mediobanca, ha una capitalizzazione analoga a quella di Banco Bpm (20,5 miliardi contro 19,5). Castagna d’altronde lo ha rimarcato nelle sue recenti dichiarazioni: «Ora che tutto si è sistemato per loro e per noi dobbiamo parlare delle prospettive». Banco ha il 4,5% di Mps e Siena è «il secondo distributore dei fondi di Anima» con scadenza pluriennale in grado di dare visibilità ad un progetto di questo tipo.
Il risiko dunque si gioca sulle due scacchiere: da un lato i francesi, pronti ad alzare la posta fino al 35-40% della nuova entità conferendo le attività italiane; dall’altro il Monte, dove lo Stato, Delfin e Caltagirone restano azionisti chiave. In mezzo la politica, che con il golden power potrebbe dettare le regole del gioco. Non a caso, Fratelli d’Italia guarda con freddezza al rafforzamento francese, mentre a Siena un’integrazione Banco-Mps attenuerebbe il peso di Agricole, creando un polo a governance più diffusa.
Dal canto loro, i francesi scelgono la pazienza. «Ci sono diversi scenari che possono svilupparsi nei prossimi mesi, trimestri e persino anni», ha detto il vice-ceo Jérôme Grivet, rivendicando il 15% dei profitti del gruppo realizzati in Italia, «una foresta» di attività costruite in 25 anni.
La pressione resta elevata dunque e la corsa del risiko non si è certo fermata. Castagna è consapevole che gli appetiti restano alti e in questa dinamica il ceo di Bpm non può permettersi tempi morti. «Orcel è così bravo nell’M&A che quando dice che non sta guardando all’M&A ha sempre un occhio su qualcosa», ha ironizzato nei giorni scorsi. Intanto il governo prepara nuove richieste al settore, dai contributi per la manovra all’eventuale revisione del meccanismo sulle Dta. Ipotesi a cui il banchiere ha replicato: «Siamo sempre contenti di soddisfare qualche esigenza del governo».
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