Crac Bpvi, requisitoria dell’accusa: «Le “baciate” fenomeno enorme»

Processo a Vicenza, i due pm Salvadori e Pipeschi: un miliardo di prestiti. Giovedì le richieste per i sei imputati
Agenzia Candussi - MORSEGO - MESTRE VIA DELLE MESSI - MESTRE PROCESSO BANCA POPOLARE DI VICENZA PRESSO L'AULA BUNKER DI MESTRE.IN FOTO ZONIN.
Agenzia Candussi - MORSEGO - MESTRE VIA DELLE MESSI - MESTRE PROCESSO BANCA POPOLARE DI VICENZA PRESSO L'AULA BUNKER DI MESTRE.IN FOTO ZONIN.
VENEZIA. L’inizio della resa dei conti arriva alla centesima udienza, quella della requisitoria. Tante ne sono trascorse dal primo dicembre 2018 quando, sempre nell’aula “C” del tribunale di Borgo Berga a Vicenza, è iniziato il processo contro i vertici della Banca popolare di Vicenza. Un’istituzione, non solo finanziaria, che negli anni, per la città berica, si era trasformata in uno dei molti brand del successo economico locale. Una sorta di Titanic della finanza scontratosi con un enorme iceberg che in questo caso ha il nome di operazioni “baciate”. 
 
Ed è proprio l’aggettivo «enorme» che il pubblico ministero Luigi Salvadori utilizza più volte nel corso della lunga requisitoria, spartita con il collega Gianni Pipeschi, con cui la procura, al termine di tre udienze (l’ultima è programmata giovedì prossimo) formulerà le sue richieste nei confronti dei sei imputati (più lo stesso istituto di credito) al tribunale Collegiale presieduto dal giudice De Stefano.
 
«Quello delle operazioni baciate era un fenomeno enorme - ripete Salvadori -. Enorme dal punto di vista quantitativo, da quello temporale, essendo durato dal 2010 al 2015, ma anche sotto il profilo territoriale andando a toccare clienti in Veneto, Friuli, Toscana, Lombardia, sino alla Sicilia. E non ultimo era un fenomeno enorme sotto il profilo soggettivo visto che imprenditori di successo, “baciati”, divengono poi i soci più importanti della banca».
 
Il pubblico ministero fissa anche l’anno di “rottura”, ovvero il momento in cui c’è quello che Salvadori definisce il «cambio di passo di Bpvi» con le operazioni correlate che divengono «sistema», vale a dire il 2011. Quando l’ammontare dei finanziamenti correlati scatta da 40 a più di 240 milioni di euro. 
 
E come se i vertici della banda avessero deciso di compiere un delitto usando le baciate come arma, il pm spiega anche qual è stato il movente: «l’illiquidità del titolo e il blocco del mercato secondario». Tradotto: le azioni Bpvi a un certo punto non le voleva più nessuno; erano più le richieste di vendita rispetto a quelle di acquisto. «C’era lo squilibrio del mercato secondario». Poi la ricostruzione della procura punta a spiegare la bontà del lavoro dei consulenti confutando così il valore di 280 milioni di euro baciate riscontrati dagli esperti della difesa.
 
«Abbiamo analizzato il fenomeno facendo qualcosa di analogo a una sperimentazione scientifica sul campo - spiega Salvadori -. Abbiamo sentito 133 testi nel corso dell’istruttoria che hanno confermato di avere concluso operazione correlate per 475 milioni di euro. I nostri consulenti hanno analizzato 1.289 operazioni portando all’emersione di quasi un miliardo di baciate». Per dire insomma che le cifre tornano. Anche rispetto alla ricognizione dell’ex ad Iorio che era arrivato alla stessa cifra: circa 1 miliardo di euro di finanziamenti correlati.
 
La seconda parte dell’udienza è per il pm Pipeschi. Che ai numeri porta i riscontri delle testimonianze ascoltate ripercorrendo le fasi dell’istruttoria e soffermandosi quindi sull’attività dell’ex vice dg Paolo Marin, responsabile dei crediti: «Aveva un ruolo strategico estremamente importante in merito alla pratica dei finanziamenti correlati. Di cui parlava esplicitamente con il dg Sorato». Quindi l’analisi si sofferma sull’ispezione di Bankitalia 2012 che vede sempre coinvolto Marin e sul fatto che le “baciate” dovessero essere un’operatività «occulta». «In banca - osserva il pm - si faceva sempre largo uso di e-mail. Con le operazioni correlate però il loro uso è stato completamente cassato. Di baciate si doveva parlare solo per telefono». 
 
Segreti e bugie che secondo la procura sarebbero stati propinati anche al professor Bini ingannato dalle false informazioni che lo avrebbero portato a sovrastimare il prezzo del titolo azionario Bpvi. Altro squarcio su una nave senza più capitano né timone. E oggi si replica. —

Riproduzione riservata © il Nord Est