Collocamento Mps, in procura a Milano i primi indagati
Nel novembre scorso una quota del 15% dell’istituto senese
venduta dal Mef a Delfin, Caltagirone, Banco Bpm e Anima

La procura di Milano si muoverà nel più breve tempo possibile per accertare eventuali anomalie nel collocamento del 15% del capitale di Mps, curato a novembre 2024 da Banca Akros per conto del Mef. Nel frattempo sarebbero già stati iscritti nel registro degli indagati i primi nomi, tra i quali figurano sia persone fisiche che società.
L’indagine dei pm, in realtà, parte da lontano perché prende le mosse da una querela, presentata nei mesi scorsi da Mediobanca nei confronti di alcuni articoli di stampa, ritenuti diffamatori da Piazzetta Cuccia. Da qui è partito il lavoro della procura lombarda per arrivare alle modalità con le quali si è svolto l'ultimo collocamento accelerato delle quote di Rocca Salimbeni. Arriva così la decisione della procura di acquisire i documenti di Akros in relazione a questa specifica operazione, al termine della quale a comprare azioni del Monte dei Paschi furono il gruppo Caltagirone, la holding Delfin, Banco Bpm e la società del risparmio gestito Anima (controllata Bpm). Lo scorso novembre, il Mef ha infatti ceduto per 1,1 miliardi il 15% del Monte dei Paschi, attraverso la cosiddetta "accelerated book building" (Abb): la quota è stata comprata per un 8% dal polo Banco Bpm-Anima, mentre il gruppo Caltagirone e la Delfin della famiglia Del Vecchio hanno acquisito ciascuna il 3,5%. Acquisti con offerta dello stesso "premio", il 5%, e quasi contemporanei.
Dal canto suo, con riferimento a quanto emerso nelle ultime ore, Banca Akros «ribadisce che, nel proprio ruolo di global coordinator e bookrunner della procedura, ha condotto la stessa in modo corretto e trasparente, nel pieno rispetto delle norme e delle prassi che regolano tali operazioni, con la partecipazione di centinaia di investitori istituzionali, tramite piattaforma informatica». È quanto riferisce una nota diffusa dall'investment banking del gruppo Banco Bpm. «Tutti gli ordini pervenuti sono stati raccolti, registrati e processati allo stesso modo, il tutto nei tempi consueti previsti per questo tipo di operazioni», dice la nota.
Comunque sia l’indagine esiste e va avanti. C'è massimo riserbo sui nomi delle persone e delle società iscritte nel fascicolo modello 21, perché agli indagati, al momento, da quanto risulta, non è stato notificato alcun atto con le ipotesi di reato. Finora l'unica attività esterna delle indagini in un unico fascicolo è stata l'acquisizione ai primi di maggio di documenti in Banca Akros, non indagata. Con un ordine di esibizione la Gdf ha chiesto, tra l'altro, mail e comunicazioni relative all'operazione di collocamento.
Due aspetti su cui ci saranno verifiche degli inquirenti. Tra i temi che l'indagine dovrà chiarire c'è l'esistenza o meno di una presunta convergenza di interessi fra gli aggiudicatari delle quote non dichiarata al mercato, e anche se le azioni siano state vendute ad un prezzo congruo. Gli investigatori del Nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf, con i pm Giovanni Polizzi e Luca Gaglio, coordinati dall'aggiunto Roberto Pellicano e dal procuratore Marcello Viola, stanno lavorando per verifiche su più fronti del cosiddetto risiko bancario.
Un intreccio finanziario che nelle ultime settimane è approdato davanti al Tar nel caso della sfida UniCredit-Banco Bpm, e che ora per la prima volta è all’esame della magistratura penale. Da segnalare che sei mesi fa il Financial Times aveva titolato «Orcel vs Caltagirone: a Machiavellian fight for the future of italian finance» e per descrivere lo scenario il quotidiano inglese era partito dalla ricostruzione, dichiarata infondata dal Mef e anche da Banca Akros, della vendita della quota del 15% di Monte dei Paschi di Siena da parte del Tesoro. Aveva scomodato Nicolò Machiavelli per figurare «una battaglia per l'influenza sul settore bancario e finanziario» con schierati e contrapposti Andrea Orcel e Francesco Gaetano Caltagirone. Il Mef aveva allora respinto la ricostruzione: «Il dipartimento dell'Economia ha gestito tutte le procedure in modo impeccabile, trasparente e in modalità similari alle due volte precedenti coinvolgendo i due advisor Ubs e Jeffreys». Secondo il quotidiano, che non esplicitava le fonti, UniCredit aveva cercato di acquistare una quota del 10 percento in Mps «ma la chiamata della banca ad Akros non ha ricevuto risposta».
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