Bpm, UniCredit al rush finale: oggi il Cda decisivo sull’offerta
Domani scadono i termini per l’Ops: l’adesione è allo 0,5%. Occhi puntati anche sulla Consob

Si è aperta una settimana decisiva per l’offerta di pubblico scambio di UniCredit su Banco Bpm. A otto mesi dall’annuncio e con sole due sedute di Borsa prima della scadenza prevista, l’adesione è ferma a poco meno dello 0,5% del capitale. Un risultato che, di fatto, rende difficile la chiusura di un’operazione complicata anche da fattori politici.
Questa mattina i fari saranno puntati su piazza Gae Aulenti a Milano dove si riunirà il consiglio di amministrazione dell’istituto guidato da Andrea Orcel. La partita è doppia: l’approvazione dei conti semestrali e soprattutto il futuro dell’Ops. Il manager illustrerà poi domani al mercato i risultati finanziari, ma è attorno all’offerta pubblica di scambio che si concentrano le attese.
Se Consob non interverrà con un’ulteriore proroga - ipotesi ancora sul tavolo, ma sempre più remota - l’offerta si chiuderà domani, probabilmente senza esiti. L’ipotesi che circola con più insistenza è che chiusa l’operazione senza aver raggiunto gli obiettivi, UniCredit ripresenti in tempi stretti una nuova offerta.
Gli analisti di Mediobanca Research ribadiscono che il gruppo di piazza Gae Aulenti avrebbe bisogno «di due mesi per consentire ai processi in corso, tra Tar e Commissione Ue sulla legittimità del golden power, di arrivare ad una conclusione», limitando al stesso tempo i margini «a disposizione del Credit Agricole per costruire una partecipazione in Banco Bpm sopra il 20%».
In questo contesto si è poi inserita la Commissione europea che ha criticato apertamente il decreto del governo sul Golden Power, sostenendo in sostanza che le regole Ue non conferiscono ai governi nazionali il potere di bloccare fusioni bancarie come questa. E un monito simile è stato rivolto anche a Madrid, per il caso Bbva–Sabadell, segnalando come le resistenze politiche rischino di ostacolare la creazione di campioni bancari paneuropei.
Ma UniCredit attende ancora le possibili decisioni della Consob che potrebbe concedere un altro mese per negoziare modifiche al decreto con il Tesoro. Ma l’incognita più ingombrante resta la risposta che il governo italiano dovrà fornire entro il 7 agosto a Bruxelles, dopo la dura lettera di 55 pagine inviata dalla Commissione.
Palazzo Chigi intende avvalersi della sentenza del Tar del Lazio, che ha confermato la legittimità dell’intervento governativo, pur accogliendo alcune contestazioni sollevate da Unicredit. Resta da capire se basterà a rassicurare Bruxelles e a sbloccare l’impasse.
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