Bedoni, le Generali, Minali e H-Farm: cala il sipario sull'ultimo uomo della finanza made in Nordest

Dietro all’addio di Bedoni c’è la fine di un mondo, di un’ambizione di questo pezzo d’Italia, alternativa all’unico e, ultimo, vero, solido e straordinario, presidio nel mondo della finanza che il Nordest ancora ha. La più importante multinazionale italiana non industriale: le Generali
Paolo Bedoni e Carlo Ferraresi, presidente e ad di Cattolica
Paolo Bedoni e Carlo Ferraresi, presidente e ad di Cattolica

VERONA. Non sceglie la via istituzionale Paolo Bedoni, numero uno di Cattolica, per annunciare l’addio alla compagnia che guida da oltre 15 anni. Decide di farlo rompendo schemi e alla comunicazione ufficiale scegliendo un’intervista, pubblicata oggi sul Corriere della Sera. Sono mesi che leggiamo i rilievi dell’authority delle assicurazioni, l’Ivass, su giornali e agenzie.

E allora Bedoni preferisce quel metodo e lo fa puntando anche il dito sull’ultimo dei suoi avversari, l’ex ad Alberto Minali. Non lo fa direttamente, ma ponendo l’accento sull’operazione che più ha segnato la gestione del top manager: l’accordo di bancassicurazione con il Banco.

Operazione per la quale Cattolica ha chiesto, dopo la rottura unilaterale dell’accordo da parte dell’istituto di credito, un indennizzo per danni pari a 500 milioni. Operazione contestata, questo va detto, anche dalla stessa Ivass, che ha nei suoi rilievi posto l’accento sulla limitata capacità del cda “di valutare compiutamente i profili di rischio/rendimento relativi a talune rilevanti decisioni di business aventi ad oggetto i canali di vendita. In particolare, è evidenziata l’operazione di bancassurance con Banco BPM, sottoscritta nel 2018”.

«La prossima assemblea sarà la mia ultima da presidente» è stato l’esordio del presidente Bedoni nell’intervista pubblicata dal Corriere. «Era nei fatti, finendo la Cattolica coop dopo 125 anni il consiglio sarà nuovo. Va a completarsi un percorso di apertura al mercato iniziato nel 2000 con la quotazione».

Dopo la trasformazione in spa, il primo di aprile, il cda convocherà l'assemblea, presumibilmente per fine aprile inizio maggio. Domenica 17 gennaio è intanto convocato un consiglio di amministrazione d’urgenza che valuterà la situazione per definire il piano di azione da qui alla traformazione in spa. Così come ha chiesto il regolatore delle assicurazioni: imponendo un taglio netto con il passato e quindi una discontinuità nella governance. Il responsabile della definizione del piano di rimedi ai rilievi Ivass sarà invece l’ad Carlo Ferraresi.

L’Authority muove le sue contestazioni ponendo al centro proprio Bedoni, ritenendo che il cda fosse acquiescente e sottomesso all’autorità del presidente. Il quale, si legge nella nota divulgata dalla compagnia, che riporta i rilievi “non ha svolto adeguatamente il proprio compito di garante del buon funzionamento dell’organo, ponendo in essere condotte – anche in contrasto con lo statuto societario – che ne hanno alterato il processo di formazione delle decisioni e che, per la loro opacità, hanno pregiudicato il diritto degli amministratori all’assunzione di decisioni informate”.

Il regolatore guidato dal direttore generale di Bankitalia Daniele Franco ha imposto, tra le altre cose: il divieto, indipendentemente dal loro valore “ad eventuali operazioni di apporto di liquidità, sotto qualsiasi forma, alle società controllate non assicurative, e di investimento nel Fondo Ca’ Tron HCampus senza il previo parere favorevole del Comitato per il governo societario, la sostenibilità e la generazione del valore”; la vendita delle azioni proprie rinvenienti dal recesso dei soci pari al pari al 12,3%. E infine l’aumento di capitale per 200 milioni, che si somma ai 300 milioni già sottoscritti da Generali che è ora il primo socio dei veronesi con il 24,4 per cento del capitale. Aumento che doveva partire per gennaio 2021, ma che è tutt’ora in attesa del via libera del prospetto da parte di Consob.

 Ma mentre Bedoni difende l’operazione in H-Campus, la promessa dell’alta formazione internazionale nel cuore della campagna veneta, nella tenuta di Ca’ Tron, sull’operazione di bancassicurazione con Banco, che doveva salvare parte della distribuzione delle polizze Cattolica dopo il crac della Bpvi, è durissimo. “Con l’operazione Banco Bpm abbiamo innestato nella compagnia un boccone troppo grande. Non ha dato i risultati sperati, anche perché era fondata su basi e prospettive che poi si sono rivelate infondate e comunque non più aderenti alla realtà nel frattempo cambiata”.

Non servono i sottotitoli, dalle parti di Verona ritengono che quell’accordo pagato 750 milioni di euro e finito male, ha un solo artefice: l’ex ad Minali, cacciato in malo modo perché in aperto conflitto con Bedoni. Quale sia la verità solo il tempo lo potrà dire.

Certo è che cala il sipario sull’ultimo uomo di un Nordest della finanza che non c’è più. Un mondo fatto di comandanti che si sono distinti nel bene, e purtroppo con casi limiti come quello delle popolari venete, anche nel male, con una gestione personalistica, a volte anche padronale al vertice delle loro aziende.

Dietro all’addio di Bedoni c’è la fine di un mondo, di un’ambizione di questo pezzo d’Italia, alternativa all’unico e, ultimo, vero, solido e straordinario, presidio nel mondo della finanza che il Nordest ancora ha. La più importante multinazionale italiana non industriale: le Generali.

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