Autostrade, lettera al Governo: "Disponibili a sottoscrivere l'atto, ma va tolto l'obbligo di vendere a Cdp"

ROMA. A giudicare dalla reazione a caldo del governo, anche quello che era atteso come l’ultimo tentativo di accordo per evitare la revoca della concessione rischia di rivelarsi fallimentare. Autostrade per l’Italia (Aspi) ha inviato una lettera al ministero dei Trasporti dicendosi pronta a firmare un’intesa con il Governo, ma a patto che venga tolta la clausola che prevede un preventivo accordo di cessione della maggioranza a Cassa Depositi e Prestiti.
Aspi, si legge nella nota diramata dal concessionario, ha confermato "ai Ministeri competenti la propria disponibilità, anche immediata, a sottoscrivere - con la sola eliminazione della condizione di efficacia relativa al perfezionamento della cessione del controllo di Autostrade per l’Italia a Cassa Depositi e Prestiti, in quanto estranea al rapporto concedente-concessionario – l’Atto Transattivo, anche nella versione inviata dagli stessi Dicasteri lo scorso 23 settembre, senza alcuna modifica o affinamento". Ciò vale, ha precisato ancora Aspi, "nell’ambito di una eventuale definizione conclusiva delle procedure di presunto grave inadempimento, a suo tempo avviato dal Concedente".
A riferirlo è stata ieri la titolare del dicastero, Paola De Micheli, nel corso di una audizione in Parlamento, che si è mostrata contrariata per quella che è considerata come una conferma della posizione fin qui tenuta dalla società che fa capo ad Atlantia. Dall’azienda è arrivata conferma della missiva, con la sottolineatura della disponibilità a una firma, anche immediata, dell’accordo.
La ministra ha invece ricordato che questa clausola, contenuta nella bozza di accordo proposta dallo Stato alla concessionaria, è stata finora tra le ragioni dello stallo della trattativa. L’esponente del Governo ha poi sottolineato che la responsabilità dello stallo è a suo avviso interamente di Aspi, che “si è sottratta alla condivisione dei contenuti tecnico-giuridici dello schema dell’atto negoziale, il quale è imprescindibile allo scopo di definire la procedura di contestazione attivata dopo il tragico evento dell’agosto 2018”.
Il riferimento è al crollo del Ponte Morandi di due anni fa, in cui morirono 43 persone e per il quale il governo ha avviato una procedura di revoca della concessione per una grave inadempienza che la società ha sempre negato. A metà luglio la controllante Atlantia e il governo hanno raggiunto un’intesa di massima basata su una transazione per evitare la revoca e su un nuovo assetto societario in cui Atlantia dovrà cedere il controllo di Aspi e quest’ultima accettare tariffe di pedaggio più basse.
Al momento di definire nel dettaglio l’accordo sono tuttavia riemerse le distanze tra le parti. Atlantia chiede di cedere la sua quota con una procedura di mercato e ha avviato il processo di vendita, che avrebbe registrato già tredici manifestazioni d’interesse. Indiscrezioni di stampa, non confermate dall’azienda, hanno poi parlato di un piano di Atlantia basato su due step: prima la scissione del 55% di Aspi e quindi il conferimento di un pacchetto del 33% da parte di Atlantia alla newco.
Alla fine del processo gli azionisti di Atlantia avrebbero il 61,8% della nuova entità, mentre la holding o gli investitori terzi che subentreranno il 38,14% del capitale. Ora la palla tocca al governo, che dovrà decidere se la posizione assunta da Atlantia con la missiva di ieri è sufficiente a siglare l’intesa. De Micheli ha detto che il tema sarà discusso all’interno del Governo, pur senza indicare le tempistiche.
Domani scadranno i dieci giorni che lo stesso esecutivo si era dato come termine ultimo, superato il quale procedere con la revoca della concessione.
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