Mediobanca, le mosse speculative delle casse previdenziali
Le previsioni della vigilia dicono che l’assemblea di Mediobanca in programma lunedì 16 si giocherà sul filo del rasoio. Ecco gli scenari di partenza e cosa potrebbe accadere


Nell’assemblea di Mediobanca che si terrà lunedi a Milano, e da cui potrebbero derivare i futuri assetti della finanza italiana e in particolare il controllo del gruppo assicurativo Generali, un ruolo di rilievo verrà giocato dalle casse previdenziali private che gestiscono le pensioni di molti lavoratori italiani.
Le avvisaglie si erano viste il 17 aprile scorso, all’assemblea del Monte dei Paschi di Siena, l’istituto attraverso il quale lo schieramento che fa capo al costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone sta tentando di prendere il controllo di Mediobanca e, attraverso quella, delle Generali. A votare a favore dell’aumento di capitale necessario per lanciare l’offerta pubblica di scambio proposta dall’istituto senese sulla banca milanese erano comparse infatti diverse casse previdenziali e, in particolare l’Enpam, che gestisce le pensioni dei medici e dei dentisti, con una quota dell’1,96 per cento.
Rispetto a due mesi fa, lo scontro si è arricchito con la risposta all’offensiva senese elaborata dal consiglio di amministrazione di Mediobanca, che ha proposto a sua volta un’offerta pubblica di scambio su Banca Generali, la società di raccolta del risparmio del triestino, che verrà per l’appunto messa ai voti lunedì. L’offerta prevede la possibilità per i soci di Banca Generali di consegnare le loro azioni a Mediobanca, avendo in cambio i titoli che quest’ultima possiede direttamente nella capogruppo Generali (pari al 13,1% del capitale). Se l’operazione avesse successo nascerebbe il leader italiano nella gestione dei patrimoni e, come conseguenza diretta, Mediobanca uscirebbe dall’azionariato del colosso triestino, che si ritroverebbe in mano un pacchetto di azioni proprie pari al 6,5% del capitale, con il quale finanziare operazioni di crescita oppure attrarre nel proprio azionariato nuovi investitori.
Le previsioni della vigilia dicono che l’assemblea di Mediobanca si giocherà sul filo del rasoio, con i grandi investitori internazionali – ma non solo - schierati in gran parte a favore dell’operazione e la compagine guidata da Caltagirone che, al contrario, mira a bocciare la proposta, per mettere nell’angolo il management di Mediobanca e tentare di farlo capitolare, riaprendosi la strada per la conquista delle Generali. È in questa contesa all’ultimo voto che si schiereranno le casse previdenziali: stando alle indiscrezioni circolate in queste settimane, e finora mai smentite, nell’azionariato di Mediobanca avrebbero preso posizione fra gli altri lo stesso Enpam, l’Enasarco degli agenti di commercio e la Cassa Forense, accreditati complessivamente di una quota di capitale superiore al 5 per cento, da portare in dote a Caltagirone & C.
Il tema dell’intervento degli enti previdenziali nell’economia è uno dei più importanti per il futuro dell’imprenditoria italiana. Le casse private gestiscono un patrimonio d’investimenti di circa 97 miliardi, per il 54 per cento investito all’estero e in una quota consistente (quasi 19 miliardi) in titoli del debito pubblico italiano.
Le discussioni su come utilizzare parte di queste risorse nell’economia reale, ad esempio nelle più promettenti fra le piccole imprese industriali italiane, nelle multinazionali tascabili che vengono vendute dalle famiglie proprietarie ai fondi d’investimento perché non si trovano a sufficienza finanziatori che ne sostengano con pazienza i programmi d’espansione, nelle startup che faticano a decollare perché in Italia non esiste un vero mercato dei capitali di venture capital, durano da decenni. Il 12 giugno un’apposita commissione bicamerale ha approvato il rapporto conclusivo di un’indagine conoscitiva che ha richiesto 18 mesi di lavoro. Secondo quanto riportato dal sito dell’Adepp, l’associazione degli enti, il presidente della commissione parlamentare Alberto Bagnai ha affermato che il documento permetterà ora «di valutare le sfide e le opportunità che il sistema previdenziale fronteggia nel suo percorso di evoluzione verso il ruolo di investitore istituzionale, avuto riguardo alle particolari caratteristiche di rendimento e rischiosità degli investimenti nell’economia reale».
In attesa delle valutazioni del Parlamento e di un quadro che permetta alle preziose risorse delle casse di far crescere il sistema produttivo italiano, alcuni enti previdenziali hanno invece deciso di partecipare con i soldi delle pensioni dei loro iscritti agli scontri di potere che stanno attraversando la finanza italiana. Un gioco a dir la verità non privo di rischi, visto che alcuni di loro si ritrovano a supportare da ultimi arrivati – quando i titoli delle banche coinvolte sono ai massimi, gonfiati dalla speculazione – partite nelle quali apripista come Caltagirone o l’alleato Delfin hanno invece investito da tempo, a prezzi molto più bassi. Giusto per dare un’idea: ai valori delle ultime settimane, rastrellare in Borsa l’uno per cento di Mediobanca può essere arrivato a costare anche 170-180 milioni di euro. Difficile comprendere la logica di un investimento tanto rischioso, in più fatto soltanto per andare a dire no in un’assemblea.
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