Accessibilità del credito: rating, tempi e garanzie gli ostacoli con le banche
Il sondaggio Ben fra imprenditori e manager di Veneto e Friuli Venezia Giulia: prevalgono coloro che nell’ultimo anno hanno avvertito un peggioramento

Un analista finanziario, pochi anni dopo la crisi avviata dal fallimento Lehman Brothers (2008), sottolineò come quell’evento avesse costituito un vero e proprio spartiacque: così come esiste un “prima e dopo Cristo”, nel mondo della finanza e nel rapporto banche-imprese sussiste un “prima e dopo Lehman Brothers”.
E, in effetti, molte cose sono mutate da allora – oltre ad altri eventi traumatici come la pandemia 2020-21 – che hanno rimodellato il sistema bancario: maggiori patrimonializzazioni per fare fronte a eventuali crolli, stress test per verificarne solidità e capacità di risposta, nuovi indirizzi strategici verso il mercato indotti da un lungo periodo in cui il costo del denaro era assestato su livelli molto bassi, solo per citare alcune misure intraprese.
Negli anni recenti, poi, stiamo assistendo a un’evoluzione indotta anche dall’utilizzo delle nuove tecnologie digitali nel rapporto fra istituti di credito, popolazione e imprese. Tutto ciò spinge le banche, da un lato, ad ampliare la propria offerta che non si limita più a erogare credito, ma prodotti finanziari e assicurativi. Dall’altro, a ridisegnare i propri target di riferimento e l’organizzazione sui territori.
Le banche di livello nazionale tendono a ridurre la propria presenza fisica massimizzando l’utilizzo delle piattaforme digitali e rivolgendosi sempre di più a imprese strutturate e performanti. Per converso, le banche più piccole e quelle di credito cooperativo (BCC), pur anch’esse ampliando l’utilizzo degli strumenti digitali e l’offerta di prodotti finanziari e assicurativi, tuttavia continuano a rapportarsi in prevalenza col mondo delle piccole imprese e a presidiare le comunità contrastando il fenomeno della “desertificazione bancaria”: in Italia nel 2024 Il numero degli sportelli BCC è rimasto stabile a 4.090 unità (+0,02% rispetto al 2023), contro il -3,1% delle banche commerciali.
Ma a fronte di queste tendenze vi è una generale maggiore selettività da parte degli istituti bancari nel concedere credito alle imprese? Abbiamo sottoposto questo argomento a un ampio gruppo di testimoni privilegiati fra imprenditori e manager interpellati da Community Research&Analysis per i Quotidiani del gruppo NEM, con il sostegno di Finergis, con BEN – Bussola dell’Economia del Nordest.
Nel complesso, gli interpellati si dividono in due gruppi quasi analoghi. Per un verso, il 50,2% ha avvertito nell’ultimo anno un peggioramento nella possibilità di ottenere un finanziamento, in particolare fra quelle del settore industriale (53,3%). Per altro verso, complessivamente una misura inferiore (42,9%) non ha incontrato cambiamenti sostanziali: fra queste, il 35,0% evidenzia una sostanziale stabilità delle condizioni e il 7,9% ha addirittura notato miglioramenti che risultano più evidenti da parte delle imprese più grandi (14,3%, oltre 50 addetti) e delle costruzioni (16,0%).
A fronte di una sostanziale polarizzazione delle opinioni circa la possibilità di ottenere credito, che vede prevalere un orientamento negativo, quali sono gli ostacoli principali percepiti dagli interpellati? Sono tre le dimensioni prevalenti poste in evidenza.
La prima riguarda le valutazioni nell’attribuzione del merito creditizio ritenute troppo rigide e restrittive. Un terzo dei testimoni privilegiati (32,0%) mette in luce su tutti questo aspetto, in particolare fra i veneti (32,8%) e i titolari di micro (32,9%, fino a 9 addetti) e piccole imprese (32,5%, 10-49 addetti).
A questo si aggiunge la tempistica del processo per l’erogazione del credito ritenuta troppo lunga, cui si unisce un eccesso di burocrazia (23,2%). Si tratta di un’opinione diffusa trasversalmente fra i testimoni privilegiati, ma che ha un accento particolare in Friuli-Venezia Giulia (29,3%) e fra le imprese dei settori delle costruzioni (25,3%) e del commercio/servizi (24,8%).
Al terzo posto troviamo la richiesta ritenuta eccessiva di garanzie per ottenere l’affidamento (19,3%) che ha nelle imprese delle costruzioni (25,3%) la criticità più elevata. È interessante osservare come tali questioni siano intuitivamente sottolineate soprattutto da chi ha notato un peggioramento delle possibilità di accesso al credito. Tuttavia, anche fra chi ritiene non vi siano stati cambiamenti particolari o abbia percepito miglioramenti tale parere è in buona misura condiviso. Segno che selettività dei criteri, lunghezza delle pratiche e richiesta eccessiva di garanzie rappresentano fattori comuni per tutte le imprese.
Una conferma ulteriore a questi esiti viene dalla valutazione nei confronti del rapporto con la propria banca di riferimento. Ben il 50,3% vede peggiorato l’accesso ai finanziamenti e il 44,2% indica una eccessiva lentezza nella risposta alle esigenze. Leggermente meglio è valutata la flessibilità della banca nell’adattarsi ai bisogni reali dell’impresa (62,5% almeno sufficiente) e la chiarezza delle informazioni (69,5%). Ma è il capitale umano degli istituti di credito, la loro competenza, a marcare positivamente il rapporto fra banche e imprese (75,9%). E a fare la differenza.
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