Il ritorno di Silvio Jermann. «Sulle colline del Brda dove arrivò il bisnonno»
Il più noto vignaiolo del Friuli Venezia Giulia lancia i nuovi vini che produce in Slovenia

Lui si definisce «un semplice contadino». I colleghi vignaioli non solo indigeni e, in genere, gli addetti ai lavori lo considerano, con deferenza, «un maestro», il più bravo di tutti, almeno della sua generazione. Silvio Jermann, classe 1954, friulano di Farra d’Isonzo, è un imprenditore eclettico, un enologo sopraffino e all’avanguardia, uno sperimentatore sempre alla ricerca della perfezione.
Su certi temi - territorio, vino, cultura locale - è ferratissimo, un’enciclopedia vivente, capace di andare a cercare sul dizionario di Jacopo Pirona del 1871 l’esatta ortografia di “Cuèj”, Collio, per metterla in etichetta. È lui l’inventore del Vintage Tunina, un uvaggio bianco che ha mezzo secolo di vita e che ancora oggi è nelle carte vini dei ristoranti più prestigiosi di mezzo mondo. E che ha fatto brillare come mai era accaduto prima il nome del Friuli Venezia Giulia fuori dai confini nazionali.
Dopo la vendita, nel gennaio 2021, della storica Angelo Jermann e figlio (il figlio in questione è lui) - cantina a Ruttars e terreni nelle più belle colline della zona - alla famiglia toscana Antinori, che sta dando continuità in termini di qualità e portando maggiore visibilità internazionale, Jermann si è sottratto ai riflettori, restando sempre presente in azienda e partecipando alle decisioni strategiche.
Niente interventi da padre nobile, però, niente uscite pubbliche. Defilato, sì, ma non con le mani in mano. In questi anni di lavoro silenzioso, con un gruppo ristretto di fidati collaboratori, ha anche avviato quella che oggi è la sua nuova vita, «l’ultima avventura», promette, nel mondo dell’enologia d’élite.
Una riscoperta delle origini tout court, un viaggio a ritroso alle radici della storia familiare. In un universo che è il medesimo, ma che il confine, prima tra Italia e Jugoslavia, oggi tra Italia e Slovenia, ha reso talvolta un muro quasi invalicabile. È qui tra Biljiana e Dobrovo e i villaggi vicini, nel Brda sloveno - duemila ettari vitati - , a pochi passi dalle italiane Dolegna, Zegla e Plessiva, che il maestro Silvio ha piantato le tende.
Nel 2022 ha registrato il marchio della “Sylvmann d.o.o. in Cuèj”, azienda con cui da qualche settimana ha cominciato a vendere i suoi due vini finora imbottigliati, entrambi della vendemmia 2023. Due bianchi autoctoni, il “Visvik-Visvik”, una Ribolla gialla in purezza (da queste parti la chiamano Rebula) fermentata in anfore di terracotta con macerazione sulle bucce da un minimo di 4 a un massimo di 65 giorni, e un uvaggio, una Cuvée classica, tra Tocai friulano (Sauvignonasse in sloveno), Malvasia e Ribolla gialla, chiamato “Pr’Dobu Mix” con macerazione più breve da 4 a 6 giorni.
«Partiamo con la distribuzione in Italia - racconta Jermann - nel settore della ristorazione e in qualche enoteca. Per adesso abbiamo prodotto tra le 15 e le 18 mila bottiglie, ma c’è spazio per aumentare. Quando il progetto sarà completato, tra qualche anno, avremo una trentina di ettari vitati, oltre a Malvasia, Tocai friulano e Ribolla gialla, impianteremo un po’ di Pinot nero, nelle zone più fresche».
Jermann ha 57 vendemmie alle spalle, ma ancora tanta energia e visione. «Ho iniziato a dare una mano a mio papà nel 1968, avevo 14 anni - dice mentre saliamo sul pick up lungo il pendio della collina, fino ai 471 metri di Krasno dove le ruspe sono al lavoro per realizzare il vigneto più alto di tutto il Brda - , mi facevano mettere le etichette sulle prime bottiglie che portavamo a Udine a vendere. Ma diciamo che sono stato davvero coinvolto in tutte le fasi della vendemmia dal 1971, quando già andavo alla scuola di enologia di Conegliano».
L’ultimo anno della scuola Silvio si trasferisce a San Michele all’Adige, in Trentino, su suggerimento di un altro grande della viticoltura friulana, Mario Schiopetto. «Vai là, mi spronò Schiopetto - ricorda - apprenderai le tecniche che ti serviranno in futuro». E quell’unico anno di full immersion, con il conseguimento del diploma, diedero a Jermann la spinta per intraprendere una strada enologica sua, identitaria, tipica.
«Ho imparato là come si facevano i vini bianchi in Alto Adige - aggiunge l’imprenditore - e ho cercato di applicare quelle metodologie qui da noi. Così è nato il Vintage Tunina». Ma non furono subito rose e fiori. «In regione l’unico che apprezzò il Tunina fu Giorgio Trentin, lo chef stellato del Boschetti di Tricesimo - spiega - , gli altri mi dicevano “lascia stare, non è un vino tipico”. Ma io non mi arresi, andai all’Harry’s Bar a Venezia, poi a Milano e a Roma, nelle grandi città. Là il Tunina piacque e da allora ha avuto successo internazionale».
Sono passati 50 anni da allora e adesso il futuro di Silvio Jermann è qui, su questi colli disegnati con il compasso, a un tiro di schioppo da Villanova di Farra e Ruttars, i luoghi della prima vita. Il suo vigneto di Ribolla gialla, in un versante rivolto verso Sud, con il terreno composto dalla classica ponca, è il più bello di tutti, con il foliage autunnale che lo rende incantevole. È curatissimo, come un abito di alta sartoria tagliato su misura. I filari sono allineati perfettamente, non c’è una zolla di terra fuori posto. Qui si lavora ovviamente tutto a mano, impossibile far passare i mezzi meccanici.
«Guardi quella foto appesa là sulla parete - indica Jermann in quella che lui chiama garage winery, la cantina a Castel Dobra - sono i miei genitori, nel 2014. Angelo e Bruna avevano già 90 anni, ma mi aiutarono ad avviare proprio questo vigneto. Anche per loro riscoprire le origini era fondamentale». Gli Jermann (bisnonno Anton e famiglia) arrivano a Biljiana alla fine dell’Ottocento, dal Burgenland austriaco, poi si fermarono in zona. A cavallo di un confine che all’epoca non esisteva, visto che era tutto impero austro ungarico.
«Il primo settembre 2023, giorno del centesimo anniversario della nascita di mio padre Angelo - racconta ancora - inaugurai questo piccolo magazzino, il mio garage winery. Dentro ci sono una trentina di anfore in terracotta, da 300, 600 e 900 litri, acquistate da un artigiano in Umbria. Il vino matura nelle anfore di terracotta, materiale che gli permette di respirare e che crea una micro ossigenazione grazie alla quale i tannini provenienti dalla buccia della Ribolla gialla si ammorbidiscono senza ricevere odori o sapori, come invece accade usando il legno».
Nel magazzino-cantina la ricerca della perfezione, della pulizia, del rigore, sono la norma, una consuetudine applicata giorno per giorno. E il risultato, alla fine, si vede nel calice. Il colore del “Visvik-Visvik” è limpido, brillante, di un giallo acceso, così come quello dell’uvaggio “Pr’Dobu Mix”. «L’idea è quella di intrappolare tutta la luce e la forza del sole nel bicchiere - osserva Jermann nella veste di esperto enologo - , lo facciamo a partire da una lavorazione dei vigneti in regime biologico e producendo vini con interventi chimico-fisici ridotti all’essenziale, un basso contenuto di solforosa, lieviti indigeni, arrivando all’imbottigliamento senza filtrazione. Il tutto rigorosamente tappato a vite».
Oltre ai due bianchi che saranno prestissimo in vendita, trovano spazio, sempre seguendo il filo dell’amarcord e del legame con le radici, lo “Zivijo Angelo”, «una Ribolla fatta come usava mio padre, cioè con i raspi, aspettando la classica alzata di cappello e svinata dopo 3 giorni», e altre produzioni di nicchia, una Rebula con 65 giorni di macerazione e una seconda con 108 giorni.
«Non seguo le mode - precisa il vignaiolo - , la Ribolla in purezza la facevo già nel 1975, ne conosco le potenzialità. Anche per quanto riguarda le macerazioni e la terracotta ho seguito una mia strada, però va dato il merito a Josko Gravner di aver introdotto questo metodo, negli anni Novanta, in Friuli e poi un po’ in tutta Italia». Lassù in cima alla collina del Brda c’è la cappella in onore di Sant’Urbano. «L’ho fatta costruire io - conclude Jermann - , è il protettore dei vignaioli nordici. Io sono cattolico, il santo domina la vallata, ci è di conforto, nelle grandi avventure e nel lavoro quotidiano». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © il Nord Est




