Donnet: «Tre miliardi per nuove acquisizioni Generali rafforzerà la leadership in Europa»

Possiamo scommetterci. Se la manovra con cui Leonardo Del Vecchio ha messo le mani sul 10% di Mediobanca avesse dispiegato già la sua strategia e il potenziale deflagrante, adesso staremmo a discutere della governance di Generali e su un annesso deciso rimescolamento degli equilibri azionari. Perché Generali di Mediobanca rimane il gioiello della corona, avendo il 13% della compagnia assicurativa triestina. Tenendo poi conto del fatto che il fondatore di Luxottica nella società del Leone ha in portafoglio il 4,87% e che ci ha abituati a pedalare in tandem con l’influente vicepresidente Francesco Gaetano Caltagirone (5,1%), pare chiaro pure a un orbo che il “quieta non movere” potrebbe presto essere un ricordo. Su un altro punto tutti scommettono: il tendenziale sarà che Caltagirone e Del Vecchio continueranno a comprare titoli e che Mediobanca scenderà.
Tanto movimento è un indizio evidente di quanto le azioni del Leone siano tornate appetibili. Dal 25 novembre 2016 – quando il primo piano triennale è entrato in vigore concludendosi con successo nel 2018 – all’8 gennaio scorso, il total shareholder return (somma dell’incremento di valore della azione e dei dividendi) è cresciuto dell’86% e nello stesso arco temporale, che comprende anche la nuova strategia Generali21, il titolo Generali del 59%.Naturalmente dipende pure dai massicci acquisti, in primis gestiti appunto da Del Vecchio, Caltagirone e Benetton (4%), ma principalmente i tre capitani d’impresa italiani non hanno investito milioni a centinaia per un astratto tema di italianità ma per la fiducia nei concretissimi ritorni promessi dal piano firmato dall’amministratore delegato, Philippe Donnet.
Un piano tutto in spinta, che stima di liberare nel triennio 10 miliardi di risorse, da destinare all’abbattimento del debito (1,5-2 miliardi), a un piano di acquisizioni (4 miliardi) e ai dividendi (i 4 miliardi rimanenti). Il capitolo debito è presto detto: dopo 9 mesi anziché nel triennio è stato raggiunto il target di 1,75 miliardi. E sul versante delle acquisizioni è stato investito poco meno di un miliardo per rilevare la seconda compagnia del Portogallo (Seguradoras Unidas per 600 milioni) e quote in società minori in Polonia, India, Ungheria, Slovenia e Slovacchia. «Abbiamo ancora una potenza di fuoco importante, di oltre 3 miliardi - osserva pacatamente Donnet - e dunque stiamo esaminando opportunità per l’asset management nel Regno Unito, negli Usa e in Asia. Riguardo al campo prettamente assicurativo, vogliamo rafforzare la nostra leadership in Europa, cogliendo qualsiasi opportunità di qualità». Ma ci sono dossier maturi o quanto meno Paesi preferenziali? Donnet sottolinea che l’acquisizione portoghese appena conclusa è «un caso esemplare» e poi aggiunge: «Escludo il Regno Unito, includo l’Europa centrale e dell’Est che anche per motivi storici fa parte del nostro Dna».
Nell’Est Europa Generali in effetti è di casa. Per quanto riguarda la Russia, dove il Leone possiede il 38,5% di Ingosstrakh, tra le prime dieci compagnie nel paese più grande del mondo, tante volte è parsa in procinto di modificare la governance a vantaggio di Generali. Due anni fa, in particolare, il passaggio a una quota di controllo pareva un obiettivo a portata di mano. Donnet ammette che «la partecipazione non è in linea con il nostro profilo di socio industriale» ma ostenta tranquillità e dice sornione che «la situazione si può presto migliorare».
Attitudine simile emerge nella lettura della presenza in terra cinese, dove Generali partecipa a una joint venture che genera 2 miliardi di premi. «Siamo ancora in un sistema di governance un po’ complicato per i nostri standard europei, ma la regolamentazione sta per evolvere e sono molto fiducioso che sapremo sfruttare l’opportunità» promette Donnet.
Avendo “finalmente messo a posto” i principali tre Paesi, ossia Italia, Germania e Francia (posto che è stato completato il turnaround transalpino), Generali ha le energie per dedicarsi allo sviluppo (specie) sul fronte orientale. Ma sarebbe improprio e semplicistico liquidare la crescita come fosse attesa solo sul versante delle acquisizioni e della messa a regime dei cavalli di razza che nobilitano la scuderia.
Il tema delle tecnologie e del digitale è un aspetto cruciale del piano industriale. Tanto che Donnet, quando nella estate 2017 aveva deciso di nominare Bruno Scaroni al ruolo di Group strategy & business accelerator director, lo ha subito investito con una domanda capitale: quale grado di rischio andava annesso alla possibilità che Amazon o Google entrino nel mercato assicurativo? E il tema del rischio per un assicuratore è assai sensibile. Risponde Scaroni: «I signori delle big four tech companies sono seduti su cataste di trilioni di dollari, ma penso che il business assicurativo non sia granché attraente per loro, perché ha una componente di rischio significativa e perché richiede di saper gestire le riserve. Non mi aspetto grandi rivoluzioni pure perché sono convinto che le componenti del servizio legate alla assistenza e alla consulenza del cliente pretendano competenze formate e riconosciute dal cliente medesimo. Noi siamo diversi, in un mercato diverso da quelli generici in cui Amazon e Google la fanno da padroni. Caso mai, immagino che Amazon possa essere interessato a essere partner di un socio industriale per la parte distributiva».
Scaroni gioca con le parole, quando osserva che con i suoi quasi 190 anni di storia Generali può giocare la carta della “rassicurazione” prima che della assicurazione. Vantaggio non da poco, quando si tratta di decidere della propria pensione integrativa o di una polizza vita.
La chiamata alla “diversità” non implica in alcun modo un approccio conservativo, al contrario Scaroni segue 16 cantieri di implementazione del piano strategico, lanciati da Donnet e coordinati dal general manager Frédéric de Courtois, per attuare la linea-guida del piano industriale battezzata “lifetime partner”. L’asse portante e connotante rimane la antica rete delle agenzie sul territorio. «Ma non possiamo più essere percepiti - dice ancora Scaroni - come un mero agente rimborsuale, occorre attrezzare un servizio 7 giorni su 7, usando la infrastruttura tecnologica che solo una grande compagnia può mettere a disposizione. Gli agenti hanno un futuro fondamentale e stiamo lavorando con loro dandogli tutti gli strumenti per essere sempre più vicini al cliente coprendo tutte le esigenze assicurative, sul versante personale, aziendale, familiare».
Qui ci sta una domanda cara ai giganti di internet, che gli agenti devono imparare a porre al cliente con metodo e mordente: può forse essere interessato anche a...? —
Riproduzione riservata © il Nord Est