Calzaturiero in Veneto, calano le imprese ma l'export limita i danni

VENEZIA. L'anno in chiaroscuro per il comparto calzaturiero italiano, con segno più nell'export, ma segno negativo nella produzione, non fa eccezione nel Veneto: nel 2019 - rispetto all'anno precedente - le imprese (calzaturifici e produttori di parti di calzature) sono calate del -2,8%, attestandosi a 1214, mentre gli addetti sono cresciuti dello +0,6% pari a 83 unità.
Sul fronte dell'export nei primi 9 mesi del 2019 il Veneto ha registrato una flessione del -0.9%; le prime tre destinazioni per le esportazioni sono Francia (+6,1%), Germania (-6,3%) e Regno Unito (+7,5%).
La fotografia del settore emerge dal report elaborato dal Centro Studi Confindustria Moda per Assocalzaturifici, illustrato oggi agli operatori in occasione della presentazione di Micam. «Il record delle esportazioni, che hanno superato i 10 miliardi di euro a valore grazie al traino delle griffe del lusso - commenta Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici, illustrando il quadro nazionale - viene smorzato dalle flessioni in volume di export e produzione, che equivalgono di fatto ad un calo della manodopera, in presenza di un mercato interno in piena fase recessiva». «In questa congiuntura non facile - aggiunge Badon - il nostro comparto deve puntare sull'innovazione tecnologica e sulla formazione di nuove figure professionali per gestire il ricambio generazionale. Sono questi i driver per migliorare le performance di un settore che con 75.000 addetti, un attivo del saldo che sfiora i 5 miliardi di euro e una produzione pari a 8 miliardi, è assolutamente rilevante per l'economia nazionale».
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