Automotive, le imprese del Nordest nelle catene di fornitura dei leader di mercato

PADOVA. La Sirmax con i suoi polimeri per le componenti in plastica, le grandi concerie del vicentino, da Gruppo Mastrotto alla Pasubio con il pellame per gli interni, la Calearo con le antenne, Ufi Filter per i filtri, Fiamm e Midac per le batterie, Valbruna per l’acciaio.
Il Nordest è una filiera estesa e plurale di fornitori per la componentistica dell’’automotive, per la commercializzazione e per il post vendita. Secondo una ricerca realizzata per Nordest Economia dall’Ufficio Studi e ricerche di Intesa San Paolo, il Triveneto nella produzione e distribuzione di auto impiega circa 63.900 addetti.
Nella regione Veneto, che si pone al 4° posto dopo Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, prevale l’occupazione nella fase commerciale e dei servizi di riparazione, 37 mila su 44 mila addetti totali (pari all’84,5% vs 40,5% del Piemonte), mentre nel Trentino Alto Adige la componente di produzione, con 3.200 addetti su circa 10.800 (29,7%) si avvicina a quella delle regioni ai vertici della graduatoria (Lombardia 25,2%, Emilia Romagna 31,8%). Nel Friuli Venezia Giulia, come nel Veneto, prevale la componente commerciale e di assistenza (circa 7.500 addetti sul totale di 9.100 della filiera.
Per capire il ruolo delle imprese del Triveneto coinvolte nella filiera dell’automotive italiano, Intesa Sanpaaolo, ha analizzato i pagamenti effettuati nel periodo 2016-2020 da 1.300 imprese italiane dell’automotive e delle imprese della filiera appartenenti ai principali gruppi del settore, considerando quelle che hanno effettuato almeno un pagamento (bonifico o ricevuta bancaria) attraverso la rete Intesa Sanpaolo.
Attraverso una selezione delle transazioni rilevanti su conti italiani si sono identificate 623 mila operazioni per un importo complessivo di 16,6 miliardi di euro a favore di oltre 20 mila beneficiari italiani. Ne risulta che il 18% dei fornitori nella catena di fornitura dell’automotive proviene dal Triveneto, subito dopo Lombardia, con il 31% e il Piemonte con il 20%. Nel Veneto operano il 16% dei fornitori, il 2% in Friuli Venezia Giulia e l’1% in Trentino Alto Adige.
Nella filiera di fornitura dell’automotive le imprese venete spiccano per la maggiore intensità di beni e servizi forniti dalla meccanica e dai prodotti in metallo, seguiti dalle forniture di metallurgia, plastica, di elettrotecnica e Ict. Nel Friuli Venezia Giulia prevalgono le imprese che forniscono meccanica e prodotti in metallo, metallurgia e Ict, mentre nel Trentino Alto Adige è più intensa la fornitura di servizi di noleggio, seguita dai prodotti in metallo e dai servizi di trasporto e logistica.
«Le difficoltà negli approvvigionamenti lungo le catene globali del valore dopo la crisi pandemica hanno investito nella fase di ripartenza l’intera manifattura italiana, ma soprattutto il settore dell’automotive - spiega Giovanni Foresti, direzione studi e ricerca di Intesa Sanpaolo - tanto che il sentiment che si sta diffondendo tra gli imprenditori è di un ripensamento delle politiche di approvvigionamento che potrebbe portare in futuro alla regionalizzazione delle forniture su base continentale».
L’export delle tre regioni nel 2019 rappresentava il 9,1% dell’export automotive nazionale, ma se si considerano le sole carrozzerie per autoveicoli e rimorchi il peso del Triveneto sale al 23,7%. Complessivamente il Triveneto esporta 3,3 miliardi di euro di cui 1,9 di componentistica e 1,2 di autoveicoli.
La dinamica di crescita delle esportazioni è stata particolarmente vivace tra il 2007 e il 2019: spiccano il Trentino Alto Adige che ha più che raddoppiato le esportazioni di componentistica rispetto a dodici anni prima e il Friuli Venezia Giulia che ha moltiplicato le esportazioni di autoveicoli fino a raggiungere i livelli del Veneto.
Ottime performance sono state messe a segno anche da filiera metalmeccanica, gomma e plastica e concia. Questi risultati sono stati possibili grazie anche al buon inserimento italiano nelle catene globali del valore dell’automotive tedesco.
È, infatti, riconducibile a imprese italiane il 6,8% del contributo della meccanica alla produzione tedesca di automobili. Si sale addirittura al 17,4% nel caso del tessile e della pelle. Le prospettive del settore sono favorevoli, all’interno di un contesto in forte evoluzione e di grande cambiamento.
«Mobilità sostenibile, guida autonoma e connettività rappresentano le principali sfide, ma anche le più grandi opportunità per gli operatori del settore» dice ancora Foresti. Nel 2020 in Italia la quota ibride elettriche immatricolate è salita al 16% (5,7% nel 2019), quelle delle plug-in al 2% (dallo 0,3%), quelle elettriche al 2,3% . Parallelamente al trend dell’elettrificazione si stanno apportando altre innovazioni tecnologiche nel campo dei materiali utilizzati nelle autovetture, per migliorare l’efficienza dei veicoli alleggerendone il peso al fine di ridurne le emissioni di CO2.—
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